Se la magistratura in Italia è inquieta

Contrariamente al mio modo di procedere giornalistico, che non prevede le mezze misure e i mezzi colori, in questa vicenda purtroppo devo navigare nel grigio. In attesa magari di riforme strutturali che abbiano il respiro complessivo e unitario di una Visione, dell’uomo, della giustizia,della colpa, della morale. Non basta secondo me una specifica sentenza della Corte europea per fare giurisprudenza globale su una materia così delicata.

Perché navigo nel grigio: sul piano meramente culturale e umano il “fine pena mai” dovrebbe essere superato. Nel corso del tempo l’essere umano cambia, ha il diritto-dovere di ravvedersi, come anche il sistema di detenzione ha il diritto-dovere non solo di punire, ma di ri-educare, ri-portare alla società una persona. Poi però c'è la questione, tipicamente nazionale, della mancanza della certezza della pena. Sono troppe le storie di gente che paga poco e male in base ad atteggiamenti buonisti o lassisti della filiera della giustizia nel suo insieme. Funziona poco la macchina della verità, funziona ancora meno quella della riabilitazione accettabile dal male. Sono troppi i familiari delle vittime che si rivolgono ai media, e io ne so qualcosa, per avere almeno nella comunicazione una giustizia che sentono di non avere nella società. È errato ideologizzare questo tema portandolo a destra e/o a sinistra.

La sicurezza dei cittadini e la certezza della pena sono il sale e il pepe della democrazia matura. Ecco, per non fare eccessive digressioni semantiche, che quando un boss mafioso che ha ucciso e fatto uccidere senza pietà, che quando un terrorista che ha ucciso e seminato dolore senza pietà, si ritrovano ad avere gli stessi benefici di altri tipi di reati, scatta un'nquietudine. Un'inquietudine che non è solo mia, ma viene condivisa anche da magistrati importanti che sono stati in prima linea nella lotta alla mafia e al terrorismo. Scatta l’idea che alcuni soggetti possano tornare ad essere pericolosi, che non si siano mai ravveduti, che lo Stato sia fragile con chi non è stato tenero con lui. Allora forse per uscire da questo limbo, da questo grigio etico, bisognerebbe fare tutti un passo in avanti e stabilire limiti nuovi ma rigorosi. Come dire, e che la metafora non sia irrispettosa, che una manovra finanziaria di misure singole e legate al contesto non rilancia per davvero l'economia di un Paese nel suo complesso. Sullo stimolo dell'Europa, magistratura e politica tornino a dialogare e collegandosi al cuore della società civile ci dicano che idea hanno dell'Uomo in questo inizio vorticoso del XXI secolo.