Se i grillini mollano Di Maio

Il governo gialloverde, nonostante tutto, ostenta sicurezza e continua ad andare diritto per la sua strada, ribadendo che la manovra non cambia, anche se dai mercati continuano ad arrivare segnali molto preoccupanti sul futuro dell’economia italiana. Segnali destinati a pesare molto di più di quanto deciderà di fare l’Europa.

Salvini e Di Maio insistono nel liquidare le critiche parlando di “giudizi di burocrati”, essendo convinti del fatto che la Ue altro non sia che un covo di tecnocrati. Possibile, ma questo non toglie nulla al valore politico delle scelte di Bruxelles e Strasburgo. Per non dire dell’atteggiamento discutibile nei confronti delle agenzie di rating. E’ un grave errore. Perché se è vero che in passato hanno subito pesanti attacchi per la loro incapacità di prevedere correttamente il fallimento di Lehman Brothers, comunque godono ancora di un peso enorme nell’ecosistema finanziario. Il motivo è semplice: svolgono una funzione vitale per il corretto funzionamento dei mercati. Il loro giudizio rappresenta l’indicatore più importante per valutare l'affidabilità di un debitore

Liquidare le valutazioni delle agenzie di rating come se fossero semplici giudizi di burocrati ottusi è un errore politico che i due vicepremier, soprattutto quello pentastellato, potrebbero pagare duramente. Oggi viaggiano con il vento in poppa del consenso elettorale. Ma cosa succederebbe di fronte ad un attacco drammatico della speculazione che metta a rischio i risparmi di milioni di italiani? I ricchi abitanti del Nord che oggi in massa (uno su due secondo i sondaggi più recenti) votano Lega starebbero ancora con il loro “Capitano”? E al Sud  il fronte grillino è in grado di reggere l’urto?

La vicenda politica di Matteo Renzi dovrebbe essere un monito per i due giovani leader che oggi guidano il governo. Nel giro di pochi mesi è passato da un consenso superiore al 40% alla cocente sconfitta del 4 marzo. La mancanza di umiltà e la testardaggine non portano bene in politica. Ogni tanto ci vuole un bagno di realismo. Se il mondo intero boccia la “manovra del Popolo” quantomeno una riflessione andrebbe fatta. E se Salvini sa fiutare l’aria adattandosi in fretta alla rosa dei venti, Di Maio appare alquanto impreparato a cambiare rotta in corso d’opera. La lunga premessa sullo stato dell’arte in materia economia è la perfetta chiave di lettura per iniziare a decifrare il viale del tramonto imboccato dal leader grillino.

La lettera dei ribelli pentastellati, le tensioni in Aula, le fibrillazioni all’interno dello stesso Movimento, le difficoltà con gli altri big del partito, Roberto Fico da una parte, Alessandro Di Battista dall’altra, senza dimenticare le gaffe dei ministri scelti da Giggino, delineano un quadro allarmante per il pentastellato, destinato ad avere già un grande futuro alle spalle. Tanto che le inversioni a U sono diventate la sua cifra politica.  “Non c’è nessuna intenzione di lasciare l’euro né l'Europa”, ha ribadito il vicepremier, incontrando i vertici della Cna, la Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa. Mica un fatto da poco. Basta scorrere le rassegne stampa di qualche anno fa per scoprire un Di Maio che sosteneva l’esatto contrario. Non cambiano i tempi, cambiano le necessità politiche. Esattamente come è avvenuto sul decreto sicurezza.

In nome e per conto  di una realpolitik, o ragion di Stato, Di Maio ha sacrificato sull’altare degli accordi di governo le ragioni stesse del Movimento 5 Stelle. Ragione sufficiente per far salire le quotazioni di Dibba e veder scendere quella di Di Maio. Per non dire del caso Taranto. “Noi continueremo a difendere i diritti dei nostri figli avvalendoci di tutti gli articoli della Carta costituzionale contro chi alla salute e alla salubrità dell'ambiente antepone la logica dei 'poteri forti'. Anche contro questo governo. Dopo i vostri 'Vaffa-day', ve ne proponiamo un altro: 'Vergogna-day'. Da riproporre ogni giorno”, scrivono i “Genitori Tarantini”, movimento che vuole la chiusura dello stabilimento Ilva, in una lettera aperta al ministro dello Sviluppo economico.

Contestando la scelta di continuità produttiva dell’acciaieria operata dal governo e il fatto di non aver visto recepite le preoccupazioni espresse, i “Genitori Tarantini”, ricordando gli incontri avuti a Roma nei mesi scorsi, dicono che “Ambiente, Salute, Lavoro e Sviluppo economico sono dicasteri, insieme a quello per il Sud, nelle mani dei rappresentanti del movimento 5 Stelle; nelle mani di chi, prima della consultazione elettorale, guardava negli occhi i cittadini ed ora mostra loro le spalle”. Una bocciatura pesante per i grillini, in particolare per Di Maio il cui peso politico rischia di entrare nel cono d’ombra delle critiche continue. Con la casella di posta sempre più intasata di contestazioni oggettive. E le elezioni europee potrebbero essere il punto di non ritorno per l’uomo immagine del Movimento. Immagine ma poca sostanza….