Se Di Maio si trasforma in stella cadente

Il carisma? Glielo abbiamo dato noi. Lo abbiamo costruito con la nostra azione politica, mica ce lo aveva”. Tanto tempo fa, ma non una vita fa sia chiaro, anche se l’orologio della politica corre più velocemente di quello solare, un esponente di primo piano di quel che fu che fu Alleanza Nazionale, così parlava di Gianfranco Fini (chi se lo ricorda alzi la mano, è stato pure presidente della Camera, per dire). Raccontando quel dettaglio, pure con enfasi, disegnava perfettamente come si costruisce un leader carismatico. Perché solo i cavalli di razza, per dirla con uno dei più folgoranti e azzeccati aforismi del lessico democristiano, nascono con il carisma incorporato. De Gasperi, più che Fanfani. Craxi più che Moro. Altri tempi, altri personaggi, altro spessore.

Ecco, Luigi Di Maio, l’uomo che ha ballato una sola stagione al vertice del Movimento 5 Stelle, non aveva assolutamente nulla nel proprio bagaglio politico di tutto ciò. Né carisma, né struttura del cavallo di razza, pur essendo stato scelto e investito del ruolo di capo politico da Beppe Grillo, inventore del Movimento, e dalla Casaleggio, detentore del brevetto dei 5 Stelle, ormai sempre più simile ad un Truman Show. In pratica l’attuale ministro degli Esteri, ed ex vice premier nel precedente governo, aveva già perso in partenza, essendo il “balocco” di Grillo. Lui lo ha creato, lui ha distrutto. Perché in politica, contrariamente alle leggi della fisica, tutto si crea, tutto si distrugge. Nei tratti dell’azione politica di Di Maio s’intravedeva già la data di scadenza, c’era solo da attendere. E quel momento è arrivato. Se la sua caduta corrisponda all’innesco in grado di far implodere il Movimento 5 Stelle, fallimentare su più versanti, è difficile dirlo. Di sicuro i pentastellati si stanno avvitando su se stessi, consegnando le chiavi del governo al Pd, a sua volta sotto schiaffo dei renziani su temi cruciali come giustizia e economia, perdendo, contestualmente, il peso politico e elettorale nelle città che amministrano.

A partire da Roma, dove le difficoltà del sindaco, Virginia Raggi, sono la cartina di tornasole della manifesta incapacità del Movimento  nel produrre un progetto politico serio. A forza di navigare a vista, finire sugli scogli o spiaggiati su un isola fuori da tutte le rotte, è il minimo che possa capitare. In questi anni il grillismo è stato solo l’effetto di quel fenomeno rubricato dagli addetti ai lavori come antipolitica, anti casta. Ma l’anti e basta, senza una proposta seria che ne sorregga la protesta, è sempre un boomerang. Lo insegna la storia, lo testimoniano le leadership cotte e mangiate. “E' giunto il momento di rifondarsi: oggi si chiude un’era”, dice Di Maio, parlando al Movimento 5 Stelle, “ed è per l'importanza di questo momento che ho iniziato a scrivere questo documento un mese fa”. La debolezza del pensiero suffragata dalla lunghezza dei tempi. Cavalli e razza e leader carismatici andavano a braccio, improvvisavano, fiutando l’aria. Vincendo e perdendo. Di Maio ha recitato una parte non sua, con un pessimo copione. E ora, chiunque sia a prendere il suo posto, dovrà cambiare scenografia e riscrivere i testi. “Le Cinque stelle hanno camminato e cammineranno al fianco degli italiani”, dice Di Maio, presentando i facilitatori del Movimento.  Solo che gli italiani sono sempre stati un passo avanti e loro uno indietro. Probabilmente il Movimento 5 Stelle, d’ora in poi, non sarà più lo stesso, ed anche la maggioranza di governo è destinata a cambiar pelle. Se in peggio o in meglio, lo vedremo nei prossimi giorni. Resta il fatto che il Paese, dopo le ondate “anti”, ha bisogno di azioni “pro”. E la cosa non è affatto facile.