Roma e le altre Olimpiadi

Non è poi così vero che ci si possa sentire a posto con la coscienza quando sia chiaro che non si sono assunte tutte le proprie responsabilità. Tra queste, la responsabilità della politica, secondo l’insegnamento magistrale di Paolo VI, che non si esaurisce nel voto, né nell’astensione, né nel mugugno e neppure in quella sorta di limbo del barcamenarsi tra venti contrari per prendere quello buono solo se convenga.
In questo, in parte, c’è una diversità cristiana che va testimoniata non solo a parole ma, soprattutto, con l’azione, con l’esempio, insomma con l’assunzione di responsabilità.

E veniamo al punto che, per quanto rilevante in sé, spinge ad una riflessione più ampia. A Roma, da un bel po’, le classi dirigenti, succedutesi ad un ritmo febbrile, per le loro colpe gravissime, propinano ricette salvifiche d’ogni genere, includendovi od escludendo un medicamento particolarissimo, le Olimpiadi.

Veniamo, proprio adesso, dalla stagione olimpica e paralimpica e siamo sotto l’influsso di sensazioni patriottiche e di affetto verso gli atleti azzurri, che abbiano vinto o perso. Tutto congiura perché si sciolga ogni dubbio e ci si schieri per sostenere la candidatura olimpica di Roma. Ma, è anche il momento giusto per riflettere ed assumere la responsabilità del discernimento.

Per un attimo, e certo per non far loro sconti, prescindiamo dalle tesi partitiche pro e contro. Mettiamoci dalla parte di Roma. Se il suo destino di rinascita è legato alla sola scommessa olimpica, allora povera città!

Roma, in sé, è un’Olimpiade permanente, quella della cultura classica. Se non monopolista, è in possesso della gran parte delle principali vestigia archeologiche dell’umanità. E, tuttavia, questa centralità globale è stata ed è sprecata, proprio perché i suoi amministratori si sono comportati da monopolisti classici. Roma è, in chiave economica, un’impresa culturale ma è gestita come se non lo fosse. Facciamo modesti ma fulminanti esempi: tutto ciò che non viene dal passato è espressione di una evidentissima carenza di cultura. Diciamo agli amministratori che si sono succeduti negli anni: avete dilapidato il patrimonio sociale della città. La condizione e la conduzione quotidiane della città la rendono non accogliente. Certo, i turisti continuano ad amarla, visitano il Colosseo, il Foro e le sue Chiese, ma, fuori dai luoghi “sacri” della sua immensa storia, e nei loro dintorni, registrano degrado e confusione. Non c’è più un angolo di bellezza della città che possa ascriversi ai meriti degli amministratori.

In queste condizioni, vuole la dignità di una proposta politica che non si sventoli il drappo rosso delle Olimpiadi del 2024 ed invece si formuli un progetto di città colta e produttiva, con tutte le sue ricchezze messe al centro di un progetto di sviluppo sostenibile.
Ben oltre il recupero di alcune tracce della storia affidato a questo o quell’imprenditore, si deve elaborare un progetto che richiami investimenti. Investimenti di un mondo globale che ha bisogno della storia romana per correggere i suoi errori e continuare a crescere nella pace. Le Olimpiadi romane permanenti debbono richiamare sulla città la presenza e la collaborazione del bacino culturale mediterraneo come dei bacini della romanità sparsi in tutta Europa ed oltre. Altro che i fondi del Cio, sui quali la più evidente delle preoccupazioni già oggi non è quella di impiegarli, bensì di difenderli dalla corruzione.

Tra gli altri aiuti che riceviamo da Papa Francesco, quello della lotta alla corruzione deve indirizzarci ad essere coraggiosi interpreti di una lotta personale quotidiana alla corruzione. Ebbene, diciamoci la verità: se venisse varata un’inchiesta parlamentare sui mezzi finanziari forniti a Roma e sulle loro modalità d’impiego ne verrebbe fuori un risultato corrispondente a ciò che il papa insegna, cioè che la corruzione ha piagato e piegato la democrazia perfino nell’amministrazione delle città.

Quindi, occorre togliere credito a chi usa le Olimpiadi e Roma e cominciare a ricostruire la città ed il suo futuro, con una forte assunzione di responsabilità, che sia organizzata ed esemplare.