Troppi ritardi nella gestione della pandemia ora bisogna alzare la guardia

In questo sciagurato Paese, a volte pure scellerato, abbiamo avuto di tutto. Dall’Italia dei comuni a quella delle Regioni, oggi protagoniste del secondo lockdown a pelle di leopardo, passando per l’Italia delle bandierine, come non ricordare le regionali con le cartine di Emilio Fede, e quella delle autonomie, reali quelle inutili, virtuali quelle necessarie. Ora abbiamo anche l’Italia a colori. Una sorta di Risiko del rischio nel tentativo di combattere il contagio. E tu che colore sei? Rosso o arancione? Giallo o verde? E non si tratta di una scelta personale, ma dell’indicazione del governo. Le zone che resteranno chiuse sono quelle rosse, quelle semi chiuse arancioni e poi il resto. Insomma, fuor di metafora l’ultimo provvedimento del governo ha scelto il linguaggio dei colori per provare a dialogare con gli italiani, nella convinzione che la via cromatica al lockdown per zone fosse l’unica soluzione.

Francamente non sappiamo se piangere o ridere. Il punto vero, in realtà, è quale colore assegnare al governo. La dimostrazione di pressapochismo messa in scena dall’esecutivo Conte, incapace stavolta di metterci la faccia con la solita conferenza stampa, consegna il Paese al limbo dell’attesa, della speranza che il contagio di fermi. Un nero, ci starebbe bene. Perché ormai è chiaro a tutti come la malagestione dei mesi scorsi abbia lasciato la sanità italiana esattamente nel punto in cui l’avevamo lasciata prima dell’estate quando, tutti, nessuno escluso, pensavamo che il rischio fosse finito. Invece era solo in pausa, in stand by. E quando si è rimesso in moto ha accelerato il suo moto, dimostrandosi più aggressivo di prima.

Un governo remissivo, una politica latente, una visione distorta della realtà hanno messo il virus sull’autostrada, dove sta correndo al massimo dei giri. Certo, anche gli italiani hanno la loro dose di colpe. L’aver creduto all’idea che si potesse abbassare la guardia, concedendo una sorta di cambiale in bianco a Palazzo Chigi, ha determinato il gioco dello scaricabarile. E ora siamo di nuovo al punto di partenza. Quello che ci aspetta è un giro di giostra difficile da valutare, essendo molto alto il prezzo da pagare, che stiamo già pagando. E, soprattutto, non sono previste clausole di salvaguardia.

Però non si può non avere la consapevolezza di quanto sia alta la posta in gioco. Gli ospedali non sono in grado di reggere un’onda d’urto particolarmente forte, come quella della scorsa primavera, e la vita umana, giovani o vecchi non fa differenza, va tutelata a prescindere. E proprio per questa ragione dove non arriva la politica dovremo arrivare noi. Certe proteste di piazza sono state uno schiaffo in faccia all’intelligenza e al buonsenso. Evitiamo che quella deriva prenda il sopravvento. Però è anche necessario pretendere dalla politica scelte e atteggiamenti responsabili. Non siamo dentro un tempo infinito di democrazia sospesa, siamo fra due parentesi temporali. Chi governa dovrebbe ricordarselo un po’ più spesso.