Risiko nomine: il ruolo del Quirinale

Il risiko delle nomine, alla fine, ha trovato la sua quadratura del cerchio. Piano piano ogni casella è stata riempita, dopo rapide accelerazioni e brusche frenate. Com’è nello stile di questo governo e della maggioranza che lo sostiene. Che non è affatto come sembra. In pratica se tutti si ostinano solo a voler vedere e interpretare le mosse di Lega e Movimento 5 Stelle, azionisti di maggioranza della compagine governativa, con Salvini  e Di Maio amministratori delegati a controllare il presunto manovratore, ovvero il presidente del Consiglio,Giuseppe  Conte, in pochi, anzi pochissimi scrutano con attenzione ciò che fa e dice il Colle. Sostanzialmente dietro ad ogni nomina importante, e quella relativa al vertice della Cassa depositi e prestiti è paradigmatica dell’interno ragionamento, c’è la mano del capo dello Stato, Sergio Mattarella, azionista senza azioni dell’attuale maggioranza. Lo stato dell’arte, in realtà, non è nuovo, dato che ad inaugurare la stagione del Quirinale giocatore, e non solo arbitro, è stato Giorgio Napolitano che ha tenuto sotto scacco  l’ex premier Matteo Renzi. Una fase, quella di Napolitano regnante, segnata da passaggi particolarmente difficili, in virtù delle fibrillazioni del centrodestra. Berlusconi, all’epoca dei fatti, ha sempre vissuto l’attivismo di Napolitano come un’ingerenza nell’attività del governo e del parlamento. Con Mattarella nessuno avverte questo fastidio. L’azione dell’attuale inquilino del Colle è meno invasiva di quella del suo predecessore, mirando a convincere e non ad imporre. Insomma, volendo Mattarella mantenere la barra dritta nei rapporti con l’Europa, avendo in Mario Draghi un punto di riferimento, è quanto necessario non creare tensioni inutili.

E così, dopo aver smesso i panni degli imbonitori da campagna elettorale, tanto Salvini quanto Di Maio hanno indossato quelli dei mediatori, scoprendo la bellezza, per non dire l’utilità del manuale Cencelli. Tutte le nomine fatte sino ad ora, manca all’appello solo la Rai ma quella di viale Mazzini è sempre una partita a se, rispondono alla logica della condivisione in nome della coesione. Insomma, volendo impostare un lavoro di lungo periodo sia Lega che il Movimento 5 Stelle hanno saputo resistere alla tentazione delle scorciatoie, preferendo trattare sino all’esaurimento dell’energie. La stessa nascita del governo non è stato un parto semplice, e già questo dovrebbe essere ricordato in ogni circostanza. Non solo. L’accordo raggiunto tra grillini e padani con il ministro dell'Economia e il presidente del Consiglio sulle nomine in Cassa depositi e prestiti (Cdp), sarebbe un'intesa ampia che, per quanto riguarda la Cassa, coinvolge l’intera governance dell’istituto. E questo dimostra come le presunte fibrillazioni dei giorni scorsi altro non sono state che manovre di assestamento. Aggirare gli ostacoli prima, invece di sbatterci contro dopo è, in buona sostanza, il mantra di questo esecutivo, riscontrabile in tutte le scelte fatte. E il riserbo del governo circa la diffusione dell’identità dei candidati prescelti deriva solo dalle necessarie verifiche avviate, dalle diverse compagini di maggioranza, su tutto l'organigramma in via di rinnovo,comprese le deleghe da affidare. Verifiche che richiederanno tempo e che potrebbero tardare l’ufficializzazione dei nomi dei candidati. Dal Tesoro hanno fatto notare, con una certa soddisfazione, che formalmente la comunicazione della lista dei candidati avviene sempre nel luogo deputato a questo, e cioè l'assemblea degli azionisti riconvocata per il 24 luglio. Dettagli certo, ma che hanno sempre un loro peso. Soprattutto quando c’è di mezzo anche il Quirinale, terza gamba di una maggioranza formalmente a due.