Riforma fiscale: la carne sul fuoco è tanta

Le Commissioni finanze e tesoro della Camera e del Senato, riunite sotto la presieduta di Luigi Marattin hanno concluso i propri lavori, dopo mesi di audizioni e raccolta di proposte, riguardanti le linee generali di quella riforma fiscale che il Paese sollecita da decenni e che ora è entrata a fare parte del PNRR. Il documento conclusivo è stato presentato lo scorso 30 giugno; il Governo stesso lo considera un indirizzo per i successivi passi del cammino di una riforma fiscale organica e strutturale, si chiude con la speranza e la fiducia che tale cammino possa partire col piede giusto e proseguire nell’interesse esclusivo della Nazione.

Del resto Mario Draghi nelle sue comunicazioni al Senato del 17 febbraio aveva fornito delle indicazioni chiare affermando che “una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio”. In questa prospettiva – aveva aggiunto – va studiata una revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività. Funzionale al perseguimento di questi ambiziosi obiettivi sarà anche un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale. Il documento delle Commissioni segue questi indirizzi proponendo, sul piano della semplificazione, il varo di Testi Unici per le diverse tipologie di imposta, la soppressione di piccole imposte e il riconoscimento di maggiori diritti ai contribuenti. Il documento abbraccia il complesso del sistema fiscale. Tuttavia, tenendo conto anche delle considerazioni che il premier ha dedicato, nell’illustrazione del programma del governo, all’Irpef ci limiteremo a sottolineare quali misure vengo proposte a tale titolo.

Le Commissioni concordano che la struttura dell’Irpef vada sostanzialmente ridefinita, in accordo con i richiamati obiettivi generali di semplificazione e stimolo alla crescita, adottando in particolare i seguenti obiettivi specifici:

1) l’abbassamento dell’aliquota media effettiva con particolare riferimento ai contribuenti nella fascia di reddito 28.000- 55.000;

2) la modifica della dinamica delle aliquote marginali effettive, eliminando le discontinuità più brusche.

Le Commissioni concordano poi che la modalità attraverso cui raggiungere questi obiettivi sia da individuare in un deciso intervento semplificatore sul combinato disposto di scaglioni, aliquote e detrazioni per tipologia di reddito, incluso l’assorbimento degli interventi del 2014 e del 2020 riguardanti il lavoro dipendente; una opzione alternativa, meno preferita, è l’adozione di un sistema ad aliquota continua con particolare riferimento alle fasce di reddito medie. Inoltre dovrebbe essere prevista l’introduzione di un minimo esente senza obbligo di dichiarazione per i contribuenti che si collochino sotto la relativa soglia. Tale minimo esente dovrebbe preferenzialmente essere inteso come una maxi-deduzione a valere su tutta la distribuzione dei redditi (o su parte di essa) adeguando corrispondentemente il livello delle aliquote; in tal caso, le Commissioni convengono che questo livello di minimo esente sia maggiorato in caso di lavoratori di età inferiore ai 35 anni. In subordine, qualora il costo di questo intervento dovesse risultare incompatibile con gli equilibri di finanza pubblica, dovrebbe essere introdotto con la sola finalità di ridurre il carico burocratico sui contribuenti; in tal caso, il vantaggio fiscale nei confronti dei lavoratori under 35 può assumere la forma di una maggiorazione della deduzione in forma fissa per lavoro dipendente, che dovrebbe sostituire l’attuale decrescente detrazione. Va altresì tenuto adeguato conto delle casistiche imposte dai trattati internazionali contro le doppie imposizioni. Per quanto concerne le spese fiscali relative al consumo di particolari beni o servizi, le Commissioni ritengono indispensabile che il disegno di legge delega contenga le necessarie premesse per una azione volta al raggiungimento dei seguenti obiettivi: a) una riduzione della loro numerosità; b) una semplificazione del sistema.

Le modalità attraverso cui raggiungere i sopra citati obiettivi sono così individuate: a) l’eliminazione di quelle spese fiscali il cui beneficio pro-capite medio (ovvero il numero di beneficiari) sia inferiore ad una soglia appositamente determinata; b) il passaggio (completo o parziale) del complesso delle agevolazioni sul lato delle uscite pubbliche, istituendo un meccanismo volontario di erogazione diretta del beneficio – a fronte del pagamento con strumenti tracciabili – con l’ausilio degli strumenti tecnologici a disposizione.

Per quanto concerne la fiscalità locale le Commissioni giudicano opportuno non archiviare un’aspirazione riformatrice più completa, in grado di rivedere strutturalmente la legge delega n. 42 del 5 maggio 2009 sul federalismo fiscale, al fine sia di adeguarne i principi ispiratori ai pilastri di autonomia e responsabilità, che di prevederne una completa attuazione, con particolare riferimento all’applicazione dei fabbisogni standard, della capacità fiscale e dei livelli essenziali delle prestazioni.

Le Commissioni ritengono opportuno che il sistema fiscale italiano conservi un regime agevolato e semplificato per le piccolissime imprese ed i lavoratori autonomi a un livello di fatturato di 65.000 euro all’anno e aliquota proporzionale al 15%, tranne per i primi cinque anni ad aliquota al 5%.

L’attuale regime forfettario presenta, tuttavia, alcune criticità che secondo le Commissioni vanno superate mediante l’introduzione di un meccanismo che non ostacoli la crescita di fatturato delle microimprese, dei professionisti, dei lavoratori autonomi, mediante l’introduzione di un regime transitorio che accompagni il contribuente verso la transizione al regime ordinario di tassazione IRPEF.

In particolare si raccomanda, per il caso in cui il contribuente, in un determinato periodo di imposta, consegua un ammontare di ricavi o compensi superiore all’attuale soglia di 65.000 euro ma inferiore ad un tetto opportunamente individuato, l’introduzione di un regime opzionale – con scelta irrevocabile da parte del soggetto passivo di imposta – per la continuazione del regime forfettario nei due periodi di imposta successivi, a condizione che in ciascuno di detti periodi di imposta il contribuente dichiari un volume d’affari incrementato di almeno il 10% rispetto a quello di ciascun anno precedente.

Come i lettori possono osservare la carne sul fuoco è tanta. A cucinarla deve provvedere il governo tramite una legge delega. Un cammino intrapreso tante volte senza mai arrivare alla meta. Sarà la volta buona?