Riaffermare la centralità della persona umana

Nel contesto della pandemia provocata dal Covit-19 ha un significato di bruciante attualità l’appena trascorsa XIX Giornata Nazionale del Sollievo, istituita nel 2001 per promuovere la  cultura del sollievo dalla malattia, non solo in favore di coloro che stanno ultimando il loro percorso di vita, ma anche di tutte le persone che hanno sofferenze fisiche e morali. Papa Francesco dopo il Regina Coeli ha espresso il suo apprezzamento a quanti offrono la loro testimonianza di cura per il prossimo ed in particolare coloro che in questa pandemia, hanno dato la loro vita. L’Associazione medici cattolici italiani ha messo in evidenza il particolare significato che ha assunto la Giornata quest’anno “nel drammatico frangente dell’epidemia da coronavirus con la pesante perdita di vite umane accompagnata dalla terribile esperienza di solitudine vissuta dagli ammalati, dalle loro famiglie e da tutti gli operatori sanitari molti dei quali, in particolare nella classe medica, hanno pagato con la vita la loro dedizione alla assistenza dei malati”.

L’iniziativa proposta alla Presidenza del Consiglio da Umberto Veronesi, fu promossa dalla Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti, che prende il nome dal “giornalista dei poveri”, inviato speciale nel “tunnel della malattia” che, ammalatosi di tumore, comunicò la sua esperienza di “malato tra i malati” in corrispondenze pubblicate su “La Stampa” e in inchieste televisive. Egli sosteneva che nella malattia, “l’importante è non sentirsi abbandonati e soli”, avviando un processo di revisione collettiva sul tema della sofferenza. La Giornata nata in ambiente laico, che ha come promotori il Ministero della Salute e la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, è sostenuta dalla Conferenza Episcopale Italiana e da molte strutture sanitarie di ispirazione religiosa.

Il tema del sollievo ha un’origine biblica secondo una traduzione del salmo 40: “Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore; gli darai sollievo nella sua malattia”. Non è un caso che quando a Padre Pio nel 1940 fu chiesto quale nome si sarebbe dovuto dare all’ospedale voluto dal frate santo, egli rispose: “Sollievo della sofferenza”.  Il sollievo può essere raggiunto grazie a nuovi e sempre più efficaci farmaci e terapie, ma anche attraverso l’umanizzazione delle cure mediche, cioè attraverso una cura fatta di attenzione, tenerezza, vicinanza, sostegno e amore. Il sollievo ha come obiettivo non solo la liberazione dal dolore fisico ma la cura globale della persona in tutte le sue dimensioni: fisica, psichica, spirituale e sociale.

Questa Giornata si propone l’intento educativo di risvegliare in tutti e in modo duraturo la sensibilità verso il sollievo dal dolore, che può essere facilitato da un atto di dono della propria attenzione, del prendersi cura e della presenza accanto a chi soffre da parte non solo del personale sanitario, ma anche dei familiari, dei volontari, dei sacerdoti. Non bisogna dimenticare che accanto al malato c’è una famiglia che soffre e chiede anch’essa conforto e vicinanza. Rispetto all’impostazione economicista che considera la sanità un’azienda, la salute un prodotto e il malato un utente, va affermata come valore irrinunciabile la centralità della persona umana, considerata nella sua integralità e in tutte le sue dimensioni, come risorsa e fine dell’azione sanitaria e sociale. È necessario il ritorno ad una personalizzazione della medicina che favorisca l’instaurarsi di rapporti a dimensione umana con il malato, che parta dalla riorganizzazione del sistema socio-sanitario a livello territoriale e dalla diffusione delle cure palliative.

L’umanizzazione di tutto il percorso assistenziale prevede il passaggio dall’approccio “guarigione dalla malattia” al “prendersi cura di tutta la persona”, considerando la sua storia specifica e il suo ambiente di vita. È necessaria una sanità che ispiri la propria azione assistenziale al primato della persona e non della malattia, all’unicità e irripetibilità del soggetto e non solo del caso clinico. Per una sanità a servizio dell’uomo bisogna coniugare curare e prendersi cura, scienza ed assistenza, medicina e antropologia, diritto alla salute e solidarietà, ricerca ed etica, ben-essere e bene, qualità della vita e vita di qualità; bisogna riservare una particolare attenzione a chi, considerato inguaribile, non per questo deve essere, nei fatti, considerato incurabile.

La tragedia di questa pandemia, in cui per i parenti e anche per i cappellani ospedalieri è stato impossibile stare fisicamente vicini alle persone malate per evitare il contagio,  ha messo in evidenza , come dicono i medici cattolici, “il profilo vocazionale della professione sanitaria quale pilastro e fondamento di una condotta indirizzata a rendere un servizio posto a disposizione dell’umanità, espressione di un’esigenza di giustizia e, anche, per quanti professano la fede cattolica, di carità”. Alla “personalizzazione” della medicina hanno dato un contributo importante in questa pandemia i nuovi “buoni samaritani” che si sono presi cura dei malati e delle loro famiglie.