Ratzinger e il collasso morale del ‘68

L'attuale crisi della Chiesa, innescata dall’emergenza planetaria degli abusi sessuali sui minori, è dovuta al “processo di dissoluzione del concetto cristiano di moralità” e al “collasso dei costumi” innescato dalla rivoluzione sessuale. 

In un testo inedito, scritto dopo il summit degli episcopati mondiali in Vaticano, Joseph Ratzinger attribuisce alla “assenza di Dio” la deflagrazione in proporzioni catastrofiche dello scandalo pedofilia. L'intervento inatteso e fondamentale di Benedetto XVI conferma la piena sintonia con il suo successore sulla linea di “tolleranza zero” contro i preti pedofili e chiarisce definitivamente quale sia il ruolo che Joseph Ratzinger ha ritagliato per sé dopo l'abdicazione. Il testo rappresenta una luce chiarificatrice su una stagione senza precedenti in due millenni di storia cristiana: quella di un pontificato regnante e di un pontificato emerito. In una delle loro ultime conversazioni, Peter Seewald, il suo intervistatore e amico, bavarese come lui, ha chiesto a Benedetto XVI: “Lei è la fine del vecchio o l’inizio del nuovo?”. Per risposta una rasoiata: “L’una e l’altro”.

Nel congedarsi, alla fine di febbraio del 2013, dal Soglio petrino, Joseph Ratzinger ha tenuto a precisare che nella sua elezione a papa c'è stato qualcosa che sarebbe rimasto “per sempre”. Ratzinger indossa ancora l'abito bianco, firma come “Benedictus XVI Papa emeritus“, abita nel recinto di San Pietro e si fa chiamare “Santità” e “Santo Padre”. La nostra è l’epoca inedita dei due Papi che condividono fraternamente lo stesso spazio fisico (il Vaticano) e la medesima dedizione al bene supremo della Chiesa.

Il 20 maggio 2016 è stato proprio il suo segretario, l’arcivescovo Georg Gänswein, a ribadire che Benedetto XVI “non ha affatto abbandonato l'ufficio di Pietro“, anzi, ne ha fatto “un ministero allargato, con un membro attivo e un membro contemplativo”, in “una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune”. E, come sottolinea il vaticanista Sandro Magister, “la novità assoluta non è la rinuncia, ma il dopo”. Quando il 13 dicembre 1294 Celestino V annunciò il suo abbandono del pontificato “discese dalla cattedra, prese la tiara dal capo e la pose per terra; e mantello e anello e tutto se ne spogliò di fronte ai cardinali sbalorditi”, e tornò semplice monaco, in totale ritiro dal mondo. Al contrario Francesco e Benedetto vivono “quasi un ministero in comune”. E’ stato rintracciato a ritroso più di un segno premonitore della storica rinuncia di Joseph Ratzinger al pontificato. Soprattutto l’anello del pescatore, il simbolo della potestà pontificia, sfilatosi per errore nella Messa celebrata alla Cappella Sistina secondo il ripristinato rito antico e la preghiera del 2009 nella Basilica dell’Aquila proprio sulla tomba di Celestino V quando ha sussurrato all’arcivescovo della città: “Questo è fatto che fa pensare”. Chissà se nel cuore meditava di seguire il suo esempio. Il fatto che oggi Francesco e la Santa Sede si avvalgano per il dopo-summit di una voce dottrinaria così potente è la dimostrazione che Benedetto XVI passerà alla storia come il “software” teologico dei papati che lo hanno preceduto e seguito.

Appena ha sentito venir meno le energie necessarie a proseguire la  missione, Benedetto XVI ha scelto il nascondimento dal mondo, la preghiera solitaria. Tra le ultime mete dei viaggi apostolici, la certosa di Serra San Bruno, dove forse trovò rifugio il fisico Ettore Majorana, inspiegabilmente scomparso, e dove gli statuti dell’eremo tracciano il secolare identik del monaco: separato da tutti ma unito a tutti per stare “a nome di tutti al cospetto del Dio Vivente”. Quasi un manifesto del pontificato emerito. “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa. Quanta superbia, quanta autosufficienza!”, ha denunciato Ratzinger il venerdì santo del 2005 al Colosseo. Con la nomina del cardinale tedesco alla guida dell’ex Sant’Uffizio, Karol Wojtyla aveva messo teologicamente al sicuro la Chiesa, uscita modernizzata ma disorientata dal Concilio, quasi presagendo che sarebbe toccato a Ratzinger un giorno condurre la Barca di Pietro. Dopo l'abdicazione si è parlato  di un Pontefice controvoglia, salito sul Soglio di Pietro quasi suo malgrado. In realtà ne è sceso per restare accanto alla Croce, come Maria mentre gli apostoli erano scappati.