Rabbia sociale e unità, la sfida dell’Italia che vuole risposte

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Dal 2 giugno c’è un nuovo convitato che si è seduto rumorosamente al tavolo della politica, ha allargato i gomiti e ora minaccia di strappare la tovaglia. Si chiama “rabbia sociale”. Prevista e temuta da molti, è arrivata nella sorpresa generale perché pochi avevano capito che ci sarebbe piombata addosso così velocemente. Di sicuro l’aveva intravista Sergio Mattarella che da mesi va ripetendo che “l’unità morale” del Paese va difesa. E va difesa perché è a rischio, ed è a rischio perché è aumentata a dismisura la quantità della gente in difficoltà, che non ha più lavoro, che non può contare su alcun reddito, che ha ormai pienamente il problema della sussistenza per sé e per la propria famiglia.

A tutti costoro non si può raccontare che nel 2021, al termine di un lungo e faticosissimo negoziato con gli avari paesi del Nord Europa, arriveranno all’Italia tanti soldi da distribuire a chi ne ha bisogno. Il problema è qui e ora, non nel 2021. E quanto è stato fatto dal Governo in questi mesi, per quanto imponente come massa di provvedimenti e di risorse impegnate (a debito), non è ancora arrivato a terra nella misura necessaria, non circola nelle vene del Paese, non si sente, non si vede. Non c’è categoria che non protesti, non c’è associazione che non lanci allarmi. I numeri ci parlano di numeri impressionanti di posti di lavoro persi e di altri che si perderanno quando le fabbriche potranno tornare a licenziare; i negozi e le spiagge riaprono ma hanno rari clienti, e non per il fastidio della mascherina o del distanziamento ma perché circolano pochi soldi.

Tutto questo lo abbiamo visto nelle manifestazioni del 2 giugno: quella che ha sorpreso il centrodestra per una partecipazione che non era nei programmi e quella vociante e sregolata del gilet arancioni. L’una è “guidata” politicamente dal centrodestra che comunque, facendosene portavoce, dà ad essa una prospettiva (anche se il ceto politico sarà fortemente condizionato da quegli umori elettorali); l’altra invece è puro spontaneismo e cinica strumentalizzazione di qualche capopopolo. Noi abbiamo l’impressione che si tratti del primo incendio nel campo di fieno. Se fosse davvero così, e speriamo di no, sarebbe urgentissima una decisa reazione da parte del governo e di tutto il Parlamento per dare risposte adeguate al disagio che dilaga. E’ “il nuovo inizio” di Mattarella o “la ripartenza” di Conte, il “patto” di cui tutti vanno parlando ma che finisce per invischiarsi nei giochi di corto respiro e nelle tattiche di bottega.