Quegli equivoci sulla strada verso il prossimo Consiglio europeo

Il prossimo Consiglio europeo dovrà prendere importanti decisioni anti-Coronavirus sulla base della piattaforma di proposte elaborata dai ministri dell’Economia dell’area Euro allargata. Non è detto che l’operazione riesca perché i dissidi tra i partner restano forti. Soprattutto restano gli equivoci che i ministri hanno volutamente seminato pur di arrivare ad un documento comune.

Il principale equivoco riguarda il Recovery Fund, il Fondo per la ripresa post pandemia, proposto dai francesi, appoggiato dall’Italia e da tutto il “fronte Sud” dell’Unione come possibilità residua – una volta che si sia rinunciato agli eurobond ostacolati dalla Germania – di dare una risposta solidale e corale (quella che chiede il Papa o almeno un suo abbozzo) alla crisi economica che inevitabilmente ci colpirà dopo la pandemia. Ma questo promesso Fondo, nelle intenzioni del “Fronte Nord” – Germania, Olanda, Austria, Finlandia – dovrà vedere la luce, semmai, molto più avanti nel tempo, chissà quando, magari l’anno prossimo (quando, parafrasando Keynes, saremo tutti economicamente morti) quindi con efficacia zero rispetto alle drammatiche necessità di oggi delle famiglie e delle imprese. Quest’ultima  considerazione non smuove i Paesi settentrionali che ritengono di potercela fare da soli grazie ai loro conti in ordine, al surplus commerciale che hanno continuato ad accumulare nonostante i richiami e i divieti comunitari,  e a risorse varie come il fraudolento dumping fiscale degli Olandesi che ruba a noi italiani, tanto per dire, due miliardi l’anno di tasse delle grandi aziende che stabiliscono la sede legale ad Amsterdam per il vantaggio fiscale che lì è offerto (del resto l’Olanda nei secoli scorsi costruì un impero coloniale grazie ai suoi pirati).

Forse gli unici a capire che da soli non si va da nessuna parte questa volta sono proprio i tedeschi i cui industriali dell’auto, ad esempio, già lamentano la carenza di componentistica italiana, essenziale per produrre Audi e Wolksvagen, mentre gruppi politici come i socialdemocratici e i verdi spingono la Cancelliera ad avere più coraggio e a sfidare un’opinione pubblica come sempre allarmata di dover pagare i conti degli “scansafatiche del Sud”.

Quindi, sul Fondo c’è ambiguità. Sul MES, il Meccanismo di Stabilità, pure, dal momento che le sue famose condizioni “alla greca” per concedere prestiti sarebbero sospese esclusivamente per le spese sanitarie dovute alla pandemia. E su tutto il resto? Su tutto il resto si fa come sempre, naturalmente, come in Grecia alla quale fu chiesto, tra le tante altre cose, di tagliare all’osso i costi della sanità pubblica, guarda un po’ l’ironia della sorte.

E l’Italia che farà? Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri giurano (di fronte ai grillini e alle opposizioni) che non chiederanno i prestiti dell’odiato MES e che usufruiranno del resto del pacchetto dell’Eurogruppo: il piano SURE per la cassa integrazione, i miliardi della BEI, ecc. Poi gli Italiani, con il sostegno del commissario UE Paolo Gentiloni, sono convinti che il Recovery Fund si possa fare in tempi ragionevoli. Se non fosse così, Conte potrebbe essere messo in serio imbarazzo: capitolare di fronte agli olandesi sarebbe una sconfitta politica da pagare in patria; mettere il veto sulle decisioni del Consiglio che devono essere unanimi significherebbe l’isolamento dell’Italia. L’unica strada possibile è continuare a trattare da qui al 23, quando ci sarà la nuova teleconferenza, sperando che l’alleanza con Macron tenga nonostante il tradizionale opportunismo francese, e che gli spagnoli di Sanchez non facciano i furbi schierandosi con i tedeschi come piroettò Aznar con Prodi ai tempi dell’eurotassa.