Quando le alchimie politiche non pagano

Dunque l’azione di governo s’interrompe qui. E finisce poco prima delle sedici di un martedì d’agosto, dove la consuetudine è sempre stata quella della politica giocata sulle spiagge e non consumata, con forti lacerazioni personali, nelle aule parlamentari, con l’inevitabile salita al Colle. Anche in questo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è stato originale. Un’originalità della quale, nelle prossime settimane, ammesso e non concesso che Conte balli davvero una sola stagione oppure questo rappresenti solo il primo giro di valzer, dovremo discutere a lungo. Perché questo premier, che si è andato costruendo il consenso strada facendo, nella comunicazione al Senato, ha fatto calare la maschera. Non più l’avvocato degli italiani, ma uomo di parte, schierato apertamente. In realtà, a finire, in questo martedì d’agosto, non è stata l’azione dell’esecutivo, ma la rappresentazione plastica di un premier super partes, determinato a difendere gli italiani e non quella parte di elettori che hanno scelto il movimento 5 stelle.

L’eccessiva astiosità di Conte nei confronti di Matteo Salvini, che ha replicato con altrettanta asprezza e determinazione, è servita a mandare in scena non il gioco delle parti ma quello delle parti che non hanno mai giocato nella stessa squadra. Con sconfitte e nessuna vittoria. Strana storia per un Paese che invoca la normalità e si ritrovata con la straordinarietà quotidiana. Il caso merita di essere studiato a lungo. Ma al d là del contingente, quel che conviene evidenziare in questa fase, è il tema della prospettiva. Se Conte esce di scena a salire sul palco sarà una maggioranza ancor più varia, composta da Pd e 5 Stelle? Questa stagione politica, con le sue luci e le sue ombre, ci ha comunque consegnato una morale secca, intellegibile. Governare il Paese con le alchimie politiche, mettendo in secondo piano il voto popolare, non è cosa buona e giusta. Come mischiare, a volte con azzardo, sacro e profano. Non si tratta di esercizi di stile, ma di sostanza. Il pragmatismo formale, a volte, è necessario. Soprattutto quando sullo sfondo si muove un capo dello Stato che del rispetto delle regole ne ha fatto un dogma.

Conte, nel suo intervento, quelle regole democratiche, le ha richiamate spesso. Quasi fossero un mantra salvifico. Eppure non è detto che questo dettaglio, simile alla pochette nel taschino del premier,  sia aderente alle domande del Paese. Del quale, troppo spesso, si parla a vanvera. Tutti lavorano per il bene della collettività, ma davvero la collettività questo chiede alla politica? Per quanto possa sembrare un esercizio retorico il punto dirimente rischia di essere proprio questo, non altro. Non sfuggirà al lettore quanto importante sia la prossima manovra economica, e chi dovrà scriverla, chiunque esso sia, dovrà fare i conti non solo con il presente ma anche con il futuro. Il deficit di prospettiva creato dall’Europa negli anni  passati, sempre pronto a bacchettare i nostri conti, è stato sostanzialmente smontato. Ma ora serve un lavoro di recupero. Come nel lego occorre unire i mattoncini di tutti i colori. Ovviamente Sergio Mattarella dovrà dirigere il traffico, con polso fermo e occhio vigile. Senza cedere alle facili tentazioni. Le evocazioni di una certa sinistra, intenta a litigare quando il mare è calmo, non possono essere le sirene da seguire. Per dirla con chiarezza lo stesso Matteo Renzi, tornato al centro della scena, dovrà chiarire meglio il suo pensiero e cosa vuol fare esattamente. Il gioco delle maree rischia di essere più rischioso delle maggioranze anomale.