Il quadro deludente in cui si appresta a prender vita la COP27

Dal 6 al 18 Novembre 2022 in Egitto si svolgeranno i lavori della COP27. E già non mancano le polemiche. Non tanto per ciò che riguarda i risultati attesi: dopo le promesse (non mantenute) della COP21, lo strumento delle COP sembra aver perso credibilità. La situazione è peggiorata dopo le polemiche sulla sponsorizzazione da parte di alcuni tra i maggiori responsabili delle emissioni di CO2. Ma per la COP27 gli organizzatori sono andati oltre: hanno previsto una serie di azioni per presentare l’Egitto come un paese “verde” e il livello del greenwashing è davvero impressionante.

In tutto il paese è in atto una vera e propria forma di “ripulitura”, di “lavaggio”. A cominciare dal mettere a tacere le voci fuori dal coro. La lettera sul clima scritta da Alaa Abd El-Fattah, uno dei prigionieri politici di più alto profilo d’Egitto, è misteriosamente scomparsa. Nella sua nota, scritta durante lo sciopero della fame che porta avanti nella sua cella del Cairo, si parlava “del riscaldamento globale dovuto alle notizie dal Pakistan”, che ha causato milioni di sfollati. Delle difficoltà climatiche e delle risposte insufficienti. Diventato sinonimo della rivoluzione pro-democrazia del 2011, El-Fattah è in rinchiuso in carcere da anni. Comunica con l’esterno solo grazie alle lettere inviate alla madre o alla sorella una volta alla settimana. Nel 2022, parte dei suoi scritti sono stati pubblicati in un libro dal titolo “Non sei stato ancora sconfitto”. L’ultima lettera, quella sul crollo climatico, indirizzata alla madre, Laila Soueif, non è mai arrivata. E molti hanno pensato ad una forma di censura da parte dell’ “alta politica” in vista della COP27.

Tra pochi giorni migliaia di delegati, leader mondiali, ministri, burocrati, attivisti, ecologisti, osservatori e giornalisti, invaderanno Sharm el-Sheik con il petto ornato di cordini e distintivi colorati e in valigia il costume da bagno (visto il clima mite del novembre egiziano). Nessuno di loro avrà la possibilità di vedere il vero Egitto. Quello di Abd El-Fattah, dei circa 60.000 prigionieri politici dietro le sbarre, dove si dice che forme barbariche di tortura avvengano su una “catena di montaggio”. https://dawnmena.org/egypt-sisis-pardon-decision-excludes-countrys-60000-political-prisoners/ O quello degli attivisti per i diritti umani e dell’ambiente, molestati e spiati in quella che Human Rights Watch ha definito “l’atmosfera generale di paura” dell’Egitto e “l’incessante repressione dei civili società”. https://www.hrw.org/tag/egypt-crackdown-civil-society

Mohammed Rafi Arefin, professore di geografia all’Università della Columbia Britannica, ha parlato del funzionamento della COP. Per diversi giorni, la crisi climatica diventa la notizia principale a livello mondiale. Spesso, nel paese ospitante, si tengono “contro vertici” e “tour tossici” per rivelare la realtà che si nasconde dietro l’atteggiamento verde dei governi ospitanti. E poi ci sono gli accordi finali e i fondi che vengono promessi ai più poveri e ai più colpiti dai cambiamenti climatici. Ma molto spesso questi impegni non sono vincolanti: come ha detto Greta Thunberg non sono altro che “blah, blah, blah”.

Con la COP27, secondo Arefin, qualcosa potrebbe cambiare. Il governo ospitante avrà la possibilità di pavoneggiarsi in modo “verde” davanti al mondo. Di far dimenticare, come dice Arefin, che è il “regime più repressivo nella storia del moderno stato egiziano”. Guidato dal generale Abdel Fatah al-Sisi, che ha preso il potere con un colpo di stato militare nel 2013 (e da allora lo ha mantenuto attraverso elezioni discutibili), secondo molte organizzazioni per i diritti umani, è tra i più brutali e repressivi regimi in tutto il mondo. Ovviamente, non sarà questo l’Egitto che verrà mostrato ai partecipanti alla COP27. Un video promozionale sul sito ufficiale della COP27 mostra Sharm el-Sheik come una “città verde” dove giovani attori si divertono con cannucce non di plastica e contenitori per alimenti biodegradabili mentre fanno selfie sulla spiaggia e guidano veicoli elettrici nel deserto. https://cop27.eg/#/presidency/information È il greenwashing: niente comunità colpite dall’inquinamento ambientale e dall’aumento delle temperature, niente tour tossici o vivaci contro-vertici con gli attivisti locali che mostrano ai delegati internazionali la verità che si nasconde dietro il palcoscenico. Farlo potrebbe significare finire in prigione per aver diffuso “notizie false” o per aver violato il divieto di protesta. https://www.nytimes.com/2019/10/04/world/middleeast/egypt-protest-sisi-arrests.html Anche i testi ufficiali sull’attuale inquinamento e sulla spoliazione ambientale in Egitto sono stati opportunamente depurati: una legge del 2019 impone ai ricercatori di ottenere il permesso del governo prima di rilasciare informazioni considerate “politiche”. L’intero paese è come imbavagliato. https://www.hrw.org/news/2019/07/24/egypt-new-ngo-law-renews-draconian-restrictions  Arefin, che ha condotto ricerche approfondite sui rifiuti e sulle inondazioni nelle città egiziane prima di questa ultima tornata di leggi censorie, conferma che molti accademici e giornalisti critici “non sono più in grado di fare quel lavoro. I danni ambientali dell’Egitto ora si verificano nell’oscurità“. E quelli che infrangono le regole e cercano di accendere le luci finiscono in celle buie – o peggio. La sorella di Abd El-Fattah, Mona Seif, ha scritto su Twitter: “La realtà che la maggior parte di coloro che partecipano a #Cop27 scelgono di ignorare è… in paesi come #Egitto i tuoi veri alleati, quelli a cui importa davvero del futuro del pianeta sono quelli che languiscono nelle carceri”. https://twitter.com/Monasosh/status/1576964352108036098

Anche i rappresentanti locali ammessi a parlare alla COP27 potranno farlo solo su argomenti di “benvenuto” come “Raccolta dei rifiuti, riciclaggio, energie rinnovabili, sicurezza alimentare e finanza per il clima”. Per il resto non si potrà parlare di questioni importanti come la sicurezza dell’acqua, l’inquinamento industriale o i danni ambientali causati dal settore immobiliare, dallo sviluppo turistico e dall’agrobusiness” (secondo HRW).

Per il governo egiziano, la COP27 potrebbe essere un’opportunità unica per mostrare l’Egitto come non è. E per richiedere nuove iniezioni di green cash internazionale per salvare il paese da una crisi che lo ha portato sul punto di andare in default per il debito estero. https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-08-28/default-jitters-stalk-egypt-sending-traders-on-a-wild-ride

In Egitto, di CO2 si parlerà poco. Come in buona parte del pianeta, anche qui le emissioni di CO2 continuano ad aumentare. E sono poche le misure concrete per farvi fronte. Significativo che alcuni incontri saranno destinati non a come ridurre le emissioni e l’impatto che hanno sui cambiamenti climatici, ma piuttosto a come fronteggiare gli eventi estremi ormai sempre più frequenti. https://ourworldindata.org/greenhouse-gas-emissions

In un quadro così deludente è improbabile che la COP27 possa davvero risolvere il problema delle responsabilità e che i paesi ricchi e altamente inquinanti decidano finalmente di pagare ciò che devono alle nazioni povere, come il Pakistan, che pur non avendo contribuito quasi per nulla alle emissioni di carbonio, stanno sopportando la maggior parte dei danni. O ciò che accade in molte delle isole del Pacifico ormai coperte dal crescente livello delle acque. Il tema delle “riparazioni climatiche” è tutt’altro che semplice. Lo si è visto nelle ultime COP.

La vera novità della COP27 potrebbe essere il diffondersi della mentalità della “zona di sacrificio”: la constatazione che alcuni luoghi, alcune persone, possono essere invisibili, scontati, quasi cancellati, in nome del progresso. Comunità avvelenate per estrarre e raffinare combustibili fossili e minerali. O sacrificate in nome dell’approvazione di una legge sul clima che non le protegge (non deve sorprendere: basti pensare allo stato dei SIN, i siti di interesse nazionale, in Italia: tutti sanno che ci sono e i danni che producono ma per risolvere il problema si fa molto poco). Problemi che ormai è quasi “normale” fingere di non vedere, nascosti dietro lo sventolare delle promesse del “progresso reale” che vengono sottoscritte (non senza molte difficoltà) alla fine dei negoziati.

A Sharm el-Sheikh, i delegati alla COP27 troveranno uno scenario idilliaco, precostruito, non un vero paese in cui i problemi sociali economici ed ambientali sono oltre l’immaginabile (non è un caso se i minori egiziani sono il gruppo più numeroso tra i minori stranieri non accompagnati che scappano dal proprio pese e arrivano in Italia.  Report-MSNA-mese-settembre-2022.pdf (lavoro.gov.it) Durante i lavori della COP27 non vedranno manifestazioni di ambientalisti. Tutto ciò che è scomodo sarà criminalizzato o presentato come “fake news”. Gli attivisti egiziani hanno rinunciato a farlo e hanno preferito chiedere aiuto fuori dei confini. L’Istituto del Cairo per gli studi sui diritti umani, ad esempio, ha invitato la comunità internazionale ad utilizzare il vertice “per gettare più luce sui crimini commessi in Egitto e sollecitare le autorità egiziane a cambiare rotta”. https://cihrs.org/cop27-and-the-human-rights-crisis-in-egypt/?lang=en Purtroppo, a pochi giorni dall’inizio della COP27, il loro appello sembra non aver ricevuto l’attenzione che si aspettava. L’ennesima conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che lo strumento delle COP ha perso buona parte della propria credibilità.