Le alchimie di una politica antitetica al dramma del Paese

Un governo di alto profilo istituzionale, “che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili”, guidato dall’ex presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, convocato per mercoledì 3 febbraio, alle 12, al Quirinale. Dunque il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dopo il fallimento del mandato esplorativo affidato al presidente della Camera, Roberto Fico, approda laddove voleva arrivare. Non certo alle elezioni anticipate, un dramma nel dramma per il Paese tanto da non potercele permettere, e nemmeno ad un Conte Ter, improponibile sotto tutti i punti di vista.

Solo chi ha voluto giocare con le parole, con le alchimie di una politica antitetica rispetto al momento drammatico del Paese, con gli analisti contenti di giocare al piccolo chimico, riteneva possibile un ritorno a Palazzo Chigi del presunto avvocato del popolo. Fallire una terza volta sarebbe stato davvero troppo. Ma la convocazione di Draghi al Quirinale, sia chiaro, per quanto renda onore a Mattarella, non rappresenta un fatto positivo. L’azione del capo dello Stato, di fatto, sancisce il fallimento della politica italiana, tutta, intesa come sistema di partiti, capaci solo di veti incrociati e faide senza un vincitore, ma solo sconfitti.

I conti personali fra presunti leader, come regola per regolare le manovre di palazzo, rappresenta davvero la notte della Repubblica e della democrazia. L’arrivo ufficiale di Draghi sulla scena parlamentare, così come quando la stessa sorte è toccata a Mario Monti, significa soltanto una cosa. La politica, sapendo di aver fallito, si affida all’uscita di sicurezza, anzi, all’ancora di salvezza del tecnico, dell’uomo esterno chiamato a risolvere i problemi interni. Un quadro d’insieme peggiore di questo è difficile immaginarlo.

E non è nemmeno una questione di responsabilità soggettiva o discrezionalità oggettiva, rispetto ai temi sul tavolo, trattandosi soltanto di confronto con i problemi reali. La pandemia da sconfiggere, la vaccinazione di massa da realizzare, le mancate risposte alle crisi, l’assenza di certezze e la perdita di credibilità a livello europeo sono emergenze non rinviabili, alle quali la politica perdente, e scadente, ha offerto solo modesti palliativi, evanescenti quanto una nebbia d’estate.

All’inconsistenza di una politica presuntuosa e supponente, auto convintasi di essere una classe dirigente all’altezza della situazione, Mattarella ha anteposto il bene comune, il senso dello stato sull’interesse di parte. La speranza, ora, è davvero Draghi. Non Renzi o Salvini, Zingaretti o Di Maio. Il paese reale chiede altro rispetto ai giochi di potere di questi giorni. Giochi a perdere, visto il finale. Mattarella ha lanciato un appello a “tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché conferiscano la fiducia a un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”, ricordando che dopo la fumata nera per l’incarico di Fico (“Emergono distanze alla luce delle quali non ho registrato l’unanime disponibilità di dare vita a una maggioranza”, ha detto il presidente della Camera) le strade sono due: dare subito vita a un nuovo governo oppure quella di immediate elezioni anticipate.

Sul ritorno alle urne, però, Mattarella è stato netto: “Il lungo periodo di campagna elettorale e la conseguente riduzione dell’attività di governo coinciderebbe con un momento cruciale per le sorti dell’Italia. Sotto il profilo sanitario, i prossimi mesi saranno quelli in cui si può sconfiggere il virus oppure rischiare di esserne travolti. Questo richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni per adottare i provvedimenti via via necessari e non un governo con attività ridotta al minimo, come è inevitabile in campagna elettorale”. Più chiaro di così.

Nel frattempo, nell’attesa di Draghi, si intravedono già i primi “posizionamenti”. C’è chi, nel centrodestra, è pronto a scommettere sull’appoggio di Forza Italia. Le prime reazioni di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, invece, sembrano far propendere per un posizionamento di Lega e FdI all’opposizione. Il leader leghista si limita a twittare citando il primo articolo della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al Popolo”. Giorgia Meloni, in una nota, premette: “Non penso che la soluzione ai gravi problemi sanitari, economici e sociali della nazione sia l’ennesimo governo nato nei laboratori del Palazzo e in mano al Pd e a Renzi. In una democrazia avanzata i cittadini, attraverso il voto, sono padroni del proprio destino”. Poi, però, garantisce che FdI non farà barricate. Anzi: “Nel centrodestra ci confronteremo, ma all’appello del presidente rispondiamo che, in ogni caso, anche dall’opposizione ci sarà sempre la disponibilità di Fratelli d’Italia a lavorare per il bene della nazione”.

Scontato il sostegno di Italia viva, accusata dagli ex alleati di puntare in realtà proprio al governo istituzionale. Il presidente del partito, Ettore Rosato assicura sostegno leale. “Grazie al presidente Mattarella per le sue parole e la sua guida. In un momento di emergenza come questa, ma anche con delle straordinarie opportunità che si aprono per l’Italia, servono le migliori energie a servizio del Paese. Noi con lealtà le sosterremo”, scrive Ettore Rosato.

Dal Pd i primi commenti arrivano dal vicesegretario: “Credo che bisogna ringraziare il capo dello Stato per aver messo fine alle incertezze”. Andrea Orlando aggiunge però: “Non resteremo insensibili di fronte all’appello del Colle. Mi ricordo l’esperienza del governo Monti. Una grande personalità è un punto di partenza importante, ma non è risolutiva. L’idea che con un nome si risolvono tutti i problemi di un sistema è un errore”. Il capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio garantisce che “la bussola rimane quella dell’interesse generale”. Insomma, per i dem il bene del Paese è prioritario, ma non è un mistero che il Pd fino all’ultimo ha lavorato per raggiungere un accordo e dar vita a un governo politico.

Tace, invece, il Movimento 5 stelle. Anche per il Movimento il governo istituzionale non era una opzione in campo. Forse dovranno rassegnarsi, proprio loro che la politica l’hanno portata dov’è ora.