Perché il Mes preoccupa l'Italia?

Il Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes) è la nuova denominazione del cosiddetto Fondo Salva Stati, una istituzione dotata di risorse da destinare, su richiesta del governo, ad uno Stato in default o comunque in difficoltà. Il Mes rappresenta, così, un importante strumento di solidarietà dei paesi più solidi dell’Eurozona, a cominciare dalla Germania che è il suo principale contribuente, nei confronti dei paesi più fragili, tra cui il nostro. La solidarietà si manifesta in particolare nel fatto che, a differenza di ciò che succede con una normale assicurazione, i contributi al capitale del Mes (80 miliardi di euro versati, su 704 autorizzati e attivabili con breve preavviso in caso di necessità) non sono commisurati alla rischiosità di ogni assicurato, ma dipendono esclusivamente dalle dimensioni del paese in termini di Pil e popolazione. Per questo motivo, la Germania contribuisce con la quota più elevata (pari al 26,9%), anche se la sua rischiosità, misurata dagli spread, è la più bassa dell’Eurozona. L'Italia  dovrebbe contribuire con una quota del 17,8% che corrisponde a 14 miliardi di capitale versato e 125 miliardi di capitale autorizzato.

Per avere accesso al fondo, lo Stato in crisi deve essere rispettoso dei parametri di Maastricht, cioè non essere soggetto a procedure d'infrazione. La novità principale è un'altra, però: se lo Stato in difficoltà ha un debito pubblico giudicato insostenibile, il finanziamento è condizionato ad una sua ristrutturazione e, in sostanza, viene ridotto di una quota percentuale che ne garantisca la solvibilità. Ovviamente, processi di questo genere non vengono imposti, ma negoziati e condivisi.

Sul Mes vi è un allarme nell'opinione pubblica e stavolta si sono messi di mezzo anche i banchieri. Ma non si può pretendere di ottenere un finanziamento perché si è nei guai e pretendere di non fare nulla per uscirne. Il timore è quello che i titoli di Stato, in larga parte detenuti all'interno del Paese e soprattutto dalle banche, perdano valore attraverso la ristrutturazione dello stock del debito. Il fatto è che – Mes o non Mes – il debito di un Paese in crisi – anche senza fare nulla – lo ristrutturano i mercati, perché il valore commerciale dei titoli si riduce e quelli di nuova emissione devono garantire interessi crescenti.

Siamo sempre a un bivio: si vuole rafforzare l'integrazione tra i Paesi dell’Eurozona oppure ognuno vuol continuare a fare ciò che gli pare? In una società (l’avere la stessa moneta ha lo stesso effetto) tutti i componenti devono rispettare le regole comuni. Se qualcuno sgarra non ci rimette solo lui, ma anche tutti gli altri. L'attuale governo ha la protezione della Ue. Ma il fatto che stia deludendo le aspettative ha un riscontro anche sui mercati.

Credo che si debba puntare ad una maggiore integrazione nell'Unione e a un risanamento dei conti pubblici in Italia. Il solo problema che vedo è questo: la ristrutturazione del debito non può essere una precondizione imposta ad uno Stato che chiede l’intervento del Mes. Credo che sia necessario prevedere un confronto, finanche un negoziato, magari spostando il potere decisionale in capo alla Commissione e non solo ad un organismo di carattere tecnico.