Pane, biscotti, pizza: sappiamo cosa mangiamo?

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Questa volta, la saggezza dei nonni ha dovuto piegarsi alle evidenze meno rassicuranti della scienza empirica. Chi non ricorda, in fila per comperare il pane, la signora un po' attempata raccomandarsi con il fornaio che le rosette o il quarto di casereccio fossero “ben cotti”? Colore dorato bruno accompagnato da un aroma avvolgente, promesse di quella croccantezza friabile al palato così tipica di tanti prodotti della tradizione che fanno parte del mangiare quotidiano.

Pane, pizza, biscotti dolci e salati, patate fritte, ma anche il caffè il quale, una volta tostato, racchiude in sé le stesse gentilezze organolettiche. Un sogno fatto di profumi e sapori dal quale ci risveglia bruscamente l’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, che in base al regolamento (Ue) 2017/2158 della Commissione, del 20 novembre 2017, stabilisce limiti e contromisure atte a prevenire gli effetti tossici e cancerogeni dell’acrilammide, “un composto organico a basso peso molecolare, altamente solubile in acqua, che si forma a partire dai costituenti asparagina e zuccheri naturalmente presenti in determinati alimenti preparati a temperature normalmente superiori a 120 °C e con un basso grado di umidità. L'acrilammide si forma prevalentemente negli alimenti ricchi di carboidrati cotti al forno o fritti, costituiti da materie prime che contengono i suoi precursori, come i cereali, le patate e i chicchi di caffè” (art. 3). “L'acrilammide è un contaminante secondo la definizione del regolamento (Cee) n. 315/93 del Consiglio (2) e, in quanto tale, costituisce un pericolo chimico nella catena alimentare(art. 2).  

Le istituzioni europee dispongono così che nel processo di lavorazione i produttori adottino le cosiddette misure di attenuazione, volte a ridurre le percentuali della molecola in questione senza tuttavia alterarne il gusto. Tra le varie raccomandazioni, originali ed a tratti surreali, c’è quella di utilizzare soprattutto farine raffinate – la bianca per intenderci – evitando in particolare quella di segale. Proprio adesso, dopo averci convinto in tutti i modi che la farina bianca fosse il veleno e le fibre vegetali il suo antidoto.

I bambini sarebbero i più sensibili al rischio tossico, essendo anche quelli più esposti al consumo di cereali lavorati industrialmente e di patate fritte imbustate o da fast food. Un colpo duro anche per gli adulti, messi di fronte al pericolo rappresentato da troppe tazzine di caffè: ma non era elisir di lunga vita per il cuore e per l’umore?

Sarà per queste e per tante altre “buone” ragioni che la notizia non ha inondato le prime pagine dei media generalisti e non ha scatenato l’impeto chiacchiericcio dell’agorà social. L’informazione puntuale e trasparente, in particolar modo se relativa alla salute pubblica, è un dovere morale di ogni giornalista che si voglia definire tale. Alla luce di una consapevolezza anche scomoda, spetta poi a ciascuno di noi scegliere.