La storia di Pablito, l’uomo che ha fatto innamorare l’Italia del pallone

La fierezza di essere italiani, ce l’ha trasmessa Paolo Rossi. Era l’11 luglio del 1982 e al Bernabeu di Madrid l’Italia batteva la Germania per 3-1 e si laureava Campione del Mondo per la terza volta nella sua storia. Quelle di Spagna 82, sono state le notti magiche di Paolo Rossi, meglio chiamarlo Pablito. Tre gol al Brasile, due alla Polonia in semifinale, il primo alla Germania nella finalissima. Pablito italiano vero, l’uomo che ha fatto piangere il Brasile, che ha fatto innamorare l’Italia del pallone e anche quella che di calcio non ha mai fatto il suo vanto. Perché Paolo Rossi è stato l’eroe di Spagna, l’hombre del partido, il ragazzino dalla faccia pulita che si era permesso di mandare a casa i padroni del vapore pallonaro, quel Brasile che era approdato a Spagna ’82 con l’intento di portare a casa la Coppa.

Ma al Sarria, quel 5 luglio, Falcao, Socrates, Zico, hanno dovuto fare i conti con questo ragazzino terribile che si fece trovare pronto all’appuntamento che il destino gli aveva riservato. Tre gol in una partita non sono cosa da tutti i giorni, segnarli ad una squadra come il Brasile capace di segnare tre gol che valsero la storia, perché la piccola e scombinata Italia, dopo un girone eliminatorio deficitario, fatto di tre pareggi senza gloria, stava per esplodere, nel segno e nel nome di quel ragazzino che da Prato, stava per mettere il sigillo su una delle più belle imprese del nostro calcio.

Paolo Rossi è stata la più bella scommessa di Enzo Bearzot, che lo aveva portato giovanissimo al mondiale del 1978. Poi Rossi è stato travolto dallo scandalo scommesse, la squalifica di tre anni ridotta a due, in tempo per riprendersi la Nazionale in un Paese, l’Italia, diviso perché quella maglia la strappò dalle mani di Roberto Pruzzo. Ma di Paolo, era innamorato Bearzot che lo aspettò, sicuro di quel nome che di lì a poco avrebbe fatto ricredere l’Italia intera. E fatto parlare il mondo. E così, proprio in quel torrido pomeriggio del 5 luglio al Sarria di Barcellona, Paolo diede un sonoro calcione al suo passato, una bellissima rivincita del ragazzo dalla faccia pulita, un calcio a quel passato, per salire su un immaginario cavallo bianco e conquistare il mondo.

Dalla Cattolica Firenze, la squadretta dove tutto è iniziato, al trionfo del Santiago Bernabeu di quell’11 luglio del 1982. Poi non fai in tempo ad andare a dormire, dopo la notte di Champions, che ti arriva l’ennesimo colpo al cuore. La morte di Paolo Rossi che se ne va poco dopo la scomparsa di Diego Armando Maradona. Proprio la seconda moglie, Federica Cappelletti, ha dato la notizia sui social. Paolo stava male, un maledetto male che ti lacera dentro, ti sconvolge la vita. Ha sofferto, come nella sua vita calcistica.

“Nel momento in cui stava morendo e non se ne voleva andare, io l’ho abbracciato forte e gli ho detto Paolo, adesso vai, hai sofferto troppo. Staccati, lascia questo corpo e vai. Io crescerò le bambine e porterò avanti i nostri progetti. Tu hai fatto anche troppo e quindi si è addormentato in quel momento. Non ci sarà mai nessuno come te, unico, speciale, dopo te il niente assoluto”. Era nato a Prato il 23 settembre del 1956. L’inizio a sei anni nel Santa Lucia, poi il passaggio all’Ambrosiana e quindi alla Cattolica Virtus a Firenze nel 1968.

Nel 1972 entra nelle giovanili della Juventus a 16 anni, ma è frenato da una serie di infortuni. Viene ceduto al Vicenza nel 1976 e comincia a mettersi in evidenza a suon di gol: 66 in 107 presenze in tre stagioni. Trascina il Lanerossi in Serie A, e il primo anno sfiora persino lo scudetto arrivando secondo dietro alla Juve con Paolo Rossi capocannoniere. Dopo tre stagioni al Vicenza passa al Perugia, quindi alla Juve dove porta a casa due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa e una Coppa dei Campioni.

All’occhiello rimane quel mondiale che gli valse anche il Pallone d’Oro. Chiude con Milan e Verona. E negli ultimi anni diventa il volto amico della Rai al seguito della Nazionale, quella Nazionale che lui ha portato tanto in alto. Con Paolo se ne va la parte bella dell’Italia, quella che nella caldissima estate dell’82, si è innamorata di un sogno che Paolo ha tramutato in serata. Ciao Paolo, ci mancherai.