I nodi da sciogliere entro l’autunno per la politica italiana

Se il calcio d’agosto è, per definizione, un calcio bugiardo, figuriamoci l’immaginazione applicata al futuribile della politica. Figuriamoci. Ma i calendari esistono nell’uno come nell’altra e, se l’esito finale non si può dare mai per scontato, almeno un certo andamento lo si può intravedere, tra un rigore e un’urna.

Iniziamo quindi dalla fine, quando giungerà a consumazione questa nuova stagione che si immagina essere l’autunno dello scontento di molti. Vale a dire: la corsa al Quirinale. È prevista per febbraio, chiaro, ma quello è il pettine a cui tutti i nodi finiranno per intricarsi. Verrà confermato Mattarella? Lui non vuole, si schermisce, ma alla fine chi gli può essere successore? Il centrosinistra nomi forti non ne ha, il centrodestra men che meno. Resta Draghi, ma Draghi è impegnato. Tutto può essere, ma se l’idea di mandarlo al Colle e scongiurare al tempo stesso le elezioni anticipate si basa sulla sostituzione con un suo uomo a Palazzo Chigi, perdonateci lo scetticismo.

La riforma della giustizia appena varata è riuscita a far traballare persino lui, Draghi, e allora pensate cosa potrebbe succedere con un Franco qualsiasi. E poi, siamo proprio sicuri che sia costituzionalmente lecito un governo prestanome? Perché di governo prestanome si tratterebbe, non di esecutivo del Presidente. Questi governerebbe per interposta persona: la Costituzione invece è nata proprio per evitare l’accentramento dei poteri al di fuori del Parlamento. Lì, in Parlamento, le elezioni poi non le vuole nessuno. Men che meno le vorranno, ad azzardare il pericoloso vaticinio, dopo le comunali di ottobre: allo stato attuale delle cose le perderebbero più o meno tutti, o per lo meno tutti rischiamo grosso. Chi a Roma, chi a Napoli, chi magari a Bologna. Chi a Siena, anche se a Siena non si elegge il sindaco. Nessun vincitore, nessun vinto. Si tiri avanti fino al 2023, e intanto si pensi magari alla legge elettorale da rifare: quella sì che è un’emergenza.

Lecito dubitare che l’argomento venga trattato con l’urgenza che merita. Dopo le amministrative, e prima dell’elezione del Presidente della Repubblica, ci sarà la sessione di bilancio. Meno male: l’Europa ci sta mandando i primi miliardi del Recovery Plan. Ma questo, al tempo stesso, vuol dire una sola cosa: necessità di un governo stabile (leggi: Draghi libero da condizionamenti quirinalizi) per impedire l’assalto alla diligenza. Più i partiti saranno deboli dopo le comunali – e lo saranno – più forte sarà la tentazione di rivalersi sugli euro in arrivo. In particolare se a settembre non si sarà data la botta definitiva al covid e magari non si sarà trovata una soluzione soddisfacente sul Ddl Zan.

Bene, ora riavvolgiamo il nastro e rimettiamo tutto in ordine cronologico. A settembre: campagna elettorale per le comunali, Ddl Zan, covid. A ottobre: comunali e suppletive di Siena. Da novembre a dicembre: legge di bilancio all’insegna del Recovery. Gennaio e febbraio: Quirinale. Difficile fare previsioni, ma noi vediamo il generale, esausto ed esasperato tirare a campare di una stagione politica che regge solo perché non riescono a sorgere le alternative. Diceva quello: l’anno che sta arrivando tra un anno passerà. Prepariamoci, è questa la novità.