Nichilismo etico: le vittime sono gli anziani e i malati terminali

Fa molto discutere la recente affermazione del Governatore della regione Liguria Giovanni Toti dove, per giustificare la proposta di confinare in casa gli anziani, tramite tweet scrive che: la maggioranza dei morti sono persone “per lo più in pensione, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese”. 

Frase forte che ricorda quella del prof. Umberto Veronesi dove (nel libro L’eutanasia ed etica del medico, Bioetica 2003, 330), estremizzando, affermava:Morire è un dovere biologico e anche un dovere sociale nel senso che la sopravvivenza della specie dipende dalla capacità produttiva di ciascuno e quindi, gli individui improduttivi, una volta assolto anche il compito di trasferire ai nuovi individui esperienza e conoscenze, è giusto che scompaiano”.

Al di là del merito della dichiarazione, forse risulta opportuno fare alcune riflessioni. Ghettizzare una categoria, in questo caso gli anziani e quindi prendendo l’età come indice di riferimento, rischierebbe di aprire un pericoloso precedente nel quale a seconda dell’esigenze del momento potrebbero essere incluse di volta in volta, come la storia ci insegna, altre categorie di persone, magari in base alla razza, al sesso, religione, idea politica ecc.

In particolare catalogando gli anziani come ghettizzabili in base alla non produttività, si aprirebbe la porta ad una certa ideologia che seppur teorica, pian piano subdolamente sta già tentando ora di entrare nella cultura della nostra società e cioè quella eutanasica.

In un domani dove gli investimenti assistenziali non fossero più sufficienti a garantire un’adeguata assistenza sanitaria, perché non reperire le risorse magari eliminando le categorie più fragili quali disabili, anziani, handicappati, malati terminali?  Tutte quelle persone cioè che, secondo un vigente nichilismo etico, non essendo più in grado di produrre, non avrebbero più giustificazione a esistere.

Va inoltre sottolineato poi che gli anziani, allo stato attuale, rappresentano la principale forza che con il loro pregresso lavoro, manda ancora avanti il Paese. La loro collaborazione parentale verso i propri nipoti infatti, risulta essenziale durante l’assenza dei genitori, rappresentando inoltre, in questi ultimi anni di grave crisi finanziaria, un necessario sostegno economico al welfare familiare.

L’ultima considerazione riguarda poi l’aggravamento di tutte quelle patologie degli anziani come le cardiovascolari, metaboliche o muscolo scheletriche che si acuirebbero certamente in tali circostanze restrittive, traendo al contrario grande beneficio dal movimento; per non parlare poi delle sindromi ansioso-depressive che aumenterebbero in maniera consistente e che andrebbero in proiezione, ad aggravare in futuro le prestazioni già insufficienti del nostro Sistema Sanitario Nazionale.

La problematica quindi delle carenze di posti letto, di medici, paramedici, terapie intensive rappresenta una difficoltà che certamente non può essere risolta ora rinchiudendogli anziani in casa, ma andava affrontata con lungimiranza prima, quando ancora era possibile, con l’assunzione di personale sanitario, con ampliamenti di numero di posti letto e di terapie intensive e con tutto ciò che è necessario per bloccare questa prevedibile e prevista ripresa della pandemia.