Nessun bavaglio per chi difende la vita

Con grande soddisfazione abbiamo registrato una significativa battuta d’arresto dell’incalzante avanzata del “pensiero unico” contro la difesa della vita e della famiglia naturale. La vicenda inizia nel settembre scorso, quando l’Associazione Provita & Famiglia, associata al Family Day, diede il via ad una campagna di affissioni “#NOEUTANASIA” con manifesti a Roma, Milano e numerose città italiane, con lo scopo di informare la cittadinanza circa le pericolose derive collegate alla legalizzazione dell’eutanasia e/o suicidio assistito. Si  scelse di presentare immagini di volti seri, composti, sofferenti, di persone di varia età che possono rappresentare le nostre figure parentali – mamma, papà, fratelli, sorelle, moglie, marito, figli – cui viene aperta la voragine della morte provocata, seguiti dalla domanda che va dritta al cuore del problema: “E se fosse tuo … NO EUTANASIA”. Accade così che lo IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) apre un provvedimento di condanna disciplinare, ritenendo quei manifesti viziati “da fantasiose prospettazioni”, affrontando il tema “in termini falsati”. Pochi giorni fa, al termine di una battaglia giuridica aspra, il Giurì emette la sua sentenza di legittimità della campagna, in quanto “onesta, veritiera e corretta”.

Dunque, nessuna violazione del codice di autodisciplina, nessun messaggio allarmistico e scioccante, bensì la semplice e chiara rappresentazione di che cosa significhi aprire le porte al diritto di chiedere ed ottenere la morte per mano dello Stato. Si è trattato, in buona sostanza, dell’ennesimo tentativo di mettere il bavaglio alla verità ed alla libera espressione del pensiero. Non ad ogni pensiero, ma a quello non allineato alla dittatura del politicamente corretto. Strategia, purtroppo, assai ben nota, tipica di ogni forma di dittatura. Ogni giorno siamo inondati da immagini e slogan anche violenti che strumentalizzano e mercificano ogni cosa: dal corpo femminile, alla vita di un feto, dai valori della patria, al sentimento religioso di larga parte del nostro popolo. Ma non scattano mai né bavagli, né denunce, né manette: si può scrivere “Dio, Patria, Famiglia. Che vita di m..” e tutto fila via liscio, nessuno si indigna e si possono esporre immagini dal chiaro sapore erotico (quando non osceno), ma va bene così perché si tratta di “pubblicità” ed il civile senso del pudore, come lo sguardo innocente dei bambini sono strutture polverose, medioevali, da dimenticare in cantina. Comunque, sempre più convinti che i valori fondanti la civiltà di un popolo sono metastorici, non hanno data di scadenza e rappresentano sempre il nord della bussola antropologica, il piccolo ma importante evento che abbiamo appena narrato, ci dà nuova spinta per proseguire la nostra missione di difendere la vita, dal concepimento alla morte naturale, dai bimbi non nati ai gravi disabili. Uniti, determinati, coraggiosi ed onesti perché la causa lo richiede. Come diceva quel tale nel diciottesimo secolo: “Il male vince ogni volta che i buoni smettono di combattere”.