Mutui agevolati per i giovani tra dubbi e percezioni errate

Acquistare casa è, almeno in Italia, un passo molto importante nella vita delle persone. Contrariamente che in molti altri paesi l’investimento fondiario è ancora visto come il più sicuro e il più redditizio da buona parte della popolazione anche se questa è una percezione completamente errata sempre che non ci si riferisca alla casa di abitazione.

Il problema principale che si pone, però, è l’accesso ai finanziamenti per l’acquisto di un bene immobiliare che, spesso, è ben oltre le possibilità liquide date dal risparmio soprattutto se ci si riferisse ai giovani.

Premesso che il famoso “tasso zero” del mutuo sociale, che predicavano certi movimenti politici, non sia possibile per una questione di stabilità finanziaria dell’istituto erogante che non può permettersi un “ammortamento negativo” al netto delle spese sostenute (incasso, gestione, etc.) che significa incassare meno di quanto abbia erogato come finanziamento, vale la pena considerare quanto sia stato previsto nella bozza del cosiddetto “Decreto Sostegni bis” cioè il “mutuo senza anticipo”. Cosa vuol dire questo?

Semplicemente che si prevede, per i minori di 36 anni, la possibilità di accedere a una speciale garanzia dello Stato che permetta di superare il limite dell’80% di importo erogabile, calcolato sul minore tra valore di perizia e valore di acquisto dell’immobile che si andrebbe a ipotecare, come previsto dalle norme sul mutuo fondiario stabilite nel TUB, il Testo Unico Bancario e di ottenere, con le stesse caratteristiche, un finanziamento che copra il valore complessivo dell’immobile fino a un massimo di 250.000 euro. Bene ma non benissimo si potrebbe dire.

Bene perché una norma siffatta andrebbe a facilitare l’accesso alla proprietà immobiliare e a un bene che, con tutti i suoi difetti a livello finanziario (chiunque dica che ha una resa sicura, infatti, o ha sbagliato i conti o è in malafede), rappresenta sia una sicurezza a livello psicologico sia una forma di risparmio reale e, soprattutto, non andrebbe a distorcere il mercato immobiliare che, nonostante i ribassi avvenuti negli ultimi anni, in alcune città mostra ancore i segni di una bolla pronta ad esplodere. Perché parlo di distorsione di mercato?

Perché ogni intervento per facilitare gli acquisti ha un effetto diretto sulle dinamiche di mercato, permettere l’accesso a una garanzia supplementare per acquistare l’immobile senza dover impegnare parte del proprio risparmio o senza dover contrarre ulteriori debiti aumenterebbe sì da un lato la domanda ma non andrebbe a gonfiare bolle speculative, anche per via della mole di immobili sfitti esistenti oggi però un problema non da poco si va a creare sulla seconda parte della previsione.

Passiamo al non benissimo, quindi. Sulle transazioni immobiliari sono presenti alcuni balzelli: l’imposta di registro e l’imposta ipotecaria se la casa fosse acquistata da un privato e l’IVA se fosse acquistata da un’azienda. Eliminare queste imposte solo per i minori di 35 anni è sì un incentivo importante ma è una discriminazione verso tutti gli altri pagatori di imposta. Non sarebbe più comodo eliminare queste imposte tout court in caso di acquisto della prima abitazione?

La cosa oltre ad essere equa a tutta la popolazione, anche verso coloro che abbiano dovuto rinunciare all’acquisto della casa prima dei 35 anni per qualsiasi ragione permetterebbe di rendere più “liquido” il mercato immobiliare rendendo, così, anche meno difficoltosi gli eventuali trasferimenti per lavoro che la proprietà immobiliare spesso scoraggia.

Già l’imposta ipotecaria è ridotta, in caso di acquisto della prima casa, eliminarla sarebbe un passo in più nemmeno troppo oneroso a livello erariale ma che potrebbe essere compensato da una maggiore mobilità, maggiori investimenti e, in definitiva, maggiore produttività dell’intero sistema economico che potrebbe portare al paradosso apparente di avere un maggiore introito fiscale riducendo la pressione fiscale, seppur di poco (in questo caso).

Arriviamo, però, ora al vero punto dolente della questione che è il merito di credito. Per dirla brutalmente non è solo la questione relativa alla quota finanziabile il grande ostacolo per l’accesso a un mutuo ma il reddito è un altro parametro altrettanto importante.

La generazione dei trentenni odierna (ma anche quella dei quarantenni) mediamente ha redditi assai inferiori a quelli dei propri genitori, in Italia prima ancora dell’accesso al credito l’aspetto reddituale è il principale problema con cui si scontrano i giovani e i meno giovani.

Secondo la rilevazione di Job Pricing nel suo Salary Outlook 2020 la RAL media degli under 35 è pari a 25.818 euro che porta a un reddito mensile netto intorno ai 1.400 euro mensili per tredici mensilità che, poi, diventano, 28.967 euro nella fascia tra i 35 e i 44 anni, pari a poco più di 1.500 euro al mese. È evidente che a questi livelli reddituali anche per delle coppie di lavoratori non sarebbe facile accedere a finanziamenti che, nelle grandi città, potrebbero comportare una rata mensile intorno ai 7/800 euro. In definitiva, benché l’iniziativa legata alla facilitazione all’accesso al credito per i giovani sia quantomeno apprezzabile, ancora non si affronta il problema principale che è la questione salariale.

I salari italiani hanno cominciato a declinare, in termini reali, da inizio anni 90 del secolo scorso e, nonostante siano passati quasi 30 anni, nessuno ha mai voluto realmente mettere mano a questa criticità che si lega, però, ad altre variabili quali la domanda di lavoro, la produttività e la fiscalità… se il mercato del lavoro restasse ingessato, gravato da burocrazia e fisco, difficilmente si potrà rimettere al centro il reddito e la possibilità di crescita del sistema economico; già in un’altra sede si era detto che “non si può vivere sempre a debito” e l’assunto vale anche in questo caso, non si può spingere ad indebitarsi, anche se per un investimento reale pluriennale, se non si risolve la questione reddituale che sta alla base della stabilità e della sostenibilità del sistema economico in generale.

Ecco, forse, questo dovrebbe essere il punto centrale del progetto di rilancio del paese e la vera sfida che si trova davanti Mario Draghi oggi.