Mondiali in Qatar, la sfida di Infantino. E Tamin bin Hamad investe su sé stesso

Gianni Infantino, presidente della Fifa, lo ha definito “un nuovo inizio, un mondiale diversamente bello”. Perché quello del 2022 in Qatar, sarà un Mondiale diverso da tutti gli altri. Dopo aver portato il circo in Russia due anni fa, con un successo senza precedenti, adesso il numero uno della Fifa punta forte sul Qatar. Nonostante l’emergenza coronavirus, la Fifa ha ufficializzato le date: la prossima Coppa del mondo inizierà il 21 novembre allo stadio Al Bayt. La fase a gironi del torneo durerà 12 giorni, con quattro partite al giorno e la finale si giocherà nello stadio Lusail, capace di ospitare 80 mila persone (sede della finale del 18 dicembre), mentre il Bayt Stadium, impianto da 60.000 posti che prende il nome e la forma dalle tende utilizzate dai popoli nomadi nella regione del Golfo, sarà il palcoscenico della partita inaugurale, mentre il Khalifa International Stadium ospiterà la finale per il terzo posto il 17 dicembre.

Gianni Infantino è un personaggio straordinario, la sua idea innovativa applicata al calcio. Non è un caso che il primo atto dopo l’insediamento sia stato il Var, quella moviola in campo tanta cara a Biscardi che il numero uno della Fifa ha sollecitato e perorato all’Ifab. Poi ha allestito, insieme a Putin, un mondiale da sogno in Russia, contro lo scetticismo di molti. Ha vinto lui, con l’accoppiata Russia-Var che ha prodotto risultati straordinari. Putin, il giorno dopo la finale del “Luzniki”, lo ha definito il miglior mondiale della storia calcistica, con Infantino accanto a lui ad annuire. E adesso l’ultima tentazione, Qatar, l’emirato che vive di petrolio e che ha fatto del mondiale l’occasione per il definitivo lancio agli occhi del mondo.

La rivoluzione è quella che il mondiale si giocherà quando da noi, in Europa, sarà pieno inverno. Non c’era alternativa, dal momento che in estate da quelle parti le temperature superano di gran lunga i 50 gradi e non sono certo adatte a partite di calcio. Il prologo lo abbiamo conosciuto nel 2014 e nel 2016, con la Supercoppa Italiana che la Lega Calcio ha portato nell’Emirato di Tamin bin Hamad, che da quei giorni ha deciso di investire nel mondo del calcio. L’idea era quella di portare a Doha, i più grandi interpreti del circo pallonaro. Investimenti di miliardi di euro che non hanno tolto il sonno all’Emiro, giovanissimo (40 anni compiuti il 3 giugno scorso), cresciuto lontano dal Paese, con formazione scolastica britannica e tanti petroldollari per permettersi anche un mondiale di calcio. La sua non è solo una suggestione. Nel 2016, quando nel piccolo gioiello dello Stadio Jassim bin Hamad di Doha, ha ospitato Juve-Milan, ha iniziato a pensare in grande (cosa che normalmente fa tutti i giorni) e in un battito di ciglia, ha iniziato a programmare, in accordo con la Fifa, il suo Mondiale. Due nuovi stadi, grandi, accoglienti, all’insegna della tecnologia e del lusso.

La riflessione del mondo Occidentale ha portato alla stessa domanda, ovvero se il Qatar potesse essere la scelta giusta per ospitare un Mondiale. La risposta la scopriremo solo vivendo. Personalmente ho visitato il Qatar in tre distinte occasioni, sempre legate ad eventi calcistici, e negli anni ho visto una trasformazione incredibile. Basti pensare che nel 2016, ai tempi della Supercoppa Italiana, c’erano poche strade e intorno tutto deserto. Non il massimo. Lo scorso anno, quando è stato presentato il Logo e gli Stadi del Mondiale, Doha, mostrava tutto un altro volto. Dall’aeroporto al centro città, adesso c’è un’autostrada tutta illuminata, la città ha cambiato volto, l’urbanizzazione delle aree del centro città, regalano di Doha una nuova immagie. Se vogliamo, anche questo è un miracolo del calcio. C’è ancora molto da lavorare, perché a differenza di altri mondiali, quello in Qatar si gioca tutto nella stessa area geografica, il che significa che i tifosi delle varie nazionali, dovranno convivere nella stessa città o nelle aree limitrofe che l’Emirato ha provveduto a edificare. Un colpo d’occhio pazzesco. In fondo, conoscendo Gianni Infantino, c’è da credergli, perché senza le dovute garanzie, mai si sarebbe avventurato in una avventura simile e mai avrebbe messo il suo nome su un evento che a novembre del 2022 attirerà su Doha migliaia di persone. E’ chiaro che questo mondiale nasce su due binari diversi. Da una parte l’aspetto prettamente sportivo, quello di una Federazione, il Qatar, che vuole galoppare nelle praterie dell’immenso per scoprire nuovi orizzonti calcistici.

La Nazionale del Qatar, parteciperà per la prima volta al mondiale, dopo aver vinto, l’anno scorso, la Coppa d’Asia. Un movimento in ascesa e che guarda al calcio mondiale per la definitiva lievitazione. Dall’altra, l’aspetto perfettamente economico, che prende maggior risalto in questo momento di coronavirus, dove gli investimenti sono limitati. In Qatar, è stato tutto messo in conto, ancor prima dell’arrivo del coronavirus. Un investimento pazzesco, per unice calcio e turismo e fare di Doha il centro di un universo al pari di Dubai. E’ anche questione politica. L’unica cosa che non in Qatar non manca, sono i soldi e Tamin bin Hamad, stavolta investe su se stesso. Dal calcio per un nuovo Qatar, bello e accattivante. E se la benedizione la impartisce Gianni Infantino, allora c’è da fidarsi.