Intervento

Ludopatia: l’importanza di capire i meccanismi alla base del disturbo

Il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) è un disturbo comportamentale che rientra nel perimetro di quelle che sono le cosiddette “Dipendenze senza sostanze”, conosciuto comunemente con il termine “ludopatia”. Il DSM 5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), curato dall’ American Psychiatric Association), definisce il GAP come un “comportamento problematico persistente o ricorrente legato al gioco d’azzardo. Questo porta a disagio o compromissione del funzionamento individuale clinicamente significativi”. In Italia, secondo gli ultimi dati disponibili, sono oltre 1,3 milioni le persone malate patologiche di dipendenza da gioco d’azzardo e il giro d’affari conseguente si aggira attorno a somme superiori ai 100 miliardi di euro l’anno. Dietro a queste cifre ci sono moltissimi giocatori occasionali, ma anche un volume sempre più̀ elevato di casi patologici che, solitamente, stabiliscono con il gioco un rapporto esclusivo e altamente coinvolgente, spingendoli a trascurare in misura sempre maggiore gli affetti, la famiglia e il lavoro. Il fenomeno quindi, alla luce dei numeri attuali, risulta essere in progressivo aumento, ed è molto preoccupante. Non esiste un’azienda nel nostro paese che sia cresciuta così tanto, soprattutto in un contesto storico di difficoltà economica e di crisi sociale come quello che stiamo vivendo.

Bisogna evidenziare che, nel fenomeno della ludopatia, ci sono molti paradossi: il primo è che questi giochi vengono proposti e incentivati; poi si verifica il fatto che, in linea di massima, chi sta passando un periodo di crisi, gioca di più. Il gioco non è da demonizzare tout court ma, è il gioco ossessivo e compulsivo, che non va assolutamente bene e porta a conseguenze estremamente negative. Quindi, chi ne è afflitto, deve essere aiutato dalle figure professionali deputate, attraverso un’informazione adeguata in merito ai rischi che si corrono e agli appositi interventi di tipo psicoterapeutico, come la terapia cognitivo comportamentale per arrivare a comprendere i meccanismi che stanno alla base del disturbo da gioco. Invece, qualora la dipendenza sia più severa e la psicoterapia da sola non sia sufficiente, potrebbe essere necessario affiancare anche una terapia di tipo farmacologico, in special modo nei casi in cui i pazienti abbiano sviluppato anche forme di depressione, stati d’ansia o altre malattie di natura psichiatrica. Grazie all’impegno di tutti, è importante aiutare le persone che sono affette da questa patologia e, nello stesso tempo, evitare che diventi sempre più un allarme sociale.

Claudio Marcassoli

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