L’emergenza migranti non esiste

termentiniIl flusso dei migranti dall’Africa e dal Medio Oriente continua ad essere proposto come “emergenza” pur trattandosi di qualcosa che va avanti da mesi con flussi pressoché costanti. Lecito domandarsi, quindi, se siamo di fronte a non corrette analisi del problema o piuttosto ad una scelta mirata per non disturbare il “manovratore”. Non si può, infatti, continuare a definire “imprevisto” un processo che ormai fa parte della routine quasi giornaliera, solo per fare breccia nell’immaginario collettivo indicendolo a condividere decisioni istituzionali altrimenti improponibili. In emergenza, infatti, è giustificato improvvisare per fronteggiare l’imprevisto e l’imprevedibile; “modus operandi” improponibile nella gestione di un fenomeno ormai ben configurato.

Una sana informazione dovrebbe piuttosto sottolineare le carenze di previsione e pianificazione che le soluzioni di accoglienza adottate evidenziano ogni giorno. Una semplice simulazione sulla base di dati ormai concreti e consolidati aiuterebbe, ad esempio, a programmare e gestire razionalmente il problema. Perché non viene fatto? La maggior parte di coloro che dovrebbero denunciare queste inefficienze, invece, tacciono preferendo non evidenziare carenze e scelte spesso ingiustificate.

E’ innegabile che i flussi siano ormai prevedibili almeno nei grandi numeri. Proporre di smistarli in Caserme dismesse – come spesso viene dichiarato – è una chiara dimostrazione che chi sta gestendo il problema non conosce la realtà del territorio e non si preoccupa nemmeno di constatarne lo stato attuale preferendo le parole ai fatti. La maggior parte delle ex infrastrutture militari sono ormai fatiscenti, assolutamente non appropriate per garantire nell’immediato l’accoglienza del popolo di disperati senza radicali interventi di recupero. Piuttosto significherebbe ghettizzare questa gente in spazi ancora peggiori dei villaggi dell’Africa subsariana o dei campi di smistamento sulle coste libiche del Mediterraneo. Soluzioni al limite accettabili a fronte dì un’improvvisa calamità naturale, ma non condivisibili quando sarebbe invece non difficile programmare soluzioni meno traumatiche.

Servirebbe dunque una pianificazione. In Italia questo sarebbe possibile semplicemente ricorrendo all’expertise dei nostri militari, abituati a pianificare e di conseguenza a trovare soluzioni adeguate da predisporre in anticipo. Una cultura professionale dimostrata in mille occasioni, all’estero ed in Italia quando la popolazione è stata colpita da importanti calamità naturali.

A tale riguardo, infatti, è incomprensibile il perché non sia stato ancora affidato il compito agli specialisti del Genio Militare, dislocati realmente sul territorio, di organizzare ed urbanizzare in pochissimo tempo vaste aree, posizionando moduli abitativi, servizi igienici campali, distribuzione dell’acqua e dell’energia elettrica ed organizzando la raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Abusando del termine “imprevisto” si evidenzia la volontà di giustificare l’efficacia di qualsiasi soluzione, come avvenuto nel tempo in Italia dopo che eventi inaspettati, come terremoti ed alluvioni, costringono ancora moltissimi cittadini italiani a vivere in moduli abitativi, in Belice, in Irpinia piuttosto che in Abruzzo ed in Emilia. E’ emergenza o inefficienza istituzionale?