Le ragioni di una disaffezione

Al netto della sua bellezza intrinseca sulla quale, come si sa, non tutti sono d’accordo, è certo comunque che la nostra Costituzione, quantomeno il primo gruppo dei dodici articoli, rappresenta un documento della cui attualità non è dato di dubitare.

Pur avendo ormai compiuto settant’anni, la Carta Costituzionale italiana ancora se la passa bene anche se, come risulta ormai evidente a chiunque, è ora che alcuni interventi di adeguamento culturale, prima ancora che tecnico-giuridici, vengano effettuati.

D’altra parte del tempo ne è passato dalla lunga discussione per approvarla, iniziata il 4 marzo 1947 e conclusasi con la seduta del 22 dicembre dello stesso anno, con 453 voti favorevoli a fronte di 62 contrari, e dalla sua effettiva entrata in vigore il 1° gennaio 1948 dopo la firma dell’allora Capo Provvisorio dello Stato, Enrico de Nicola, in una sala di Palazzo Giustiniani.

Ai nostri giorni vi è una obiettiva difficoltà a stabilire se il valore della Costituzione repubblicana sia ancora analogo a quello impresso dai 556 deputati costituenti benché non si può certo sottacere che il documento più importante per il nostro Paese sia stato elaborato sulla base di un compromesso tra le eterogenee forze politiche che avevano combattuto il fascismo e che pur essendo tra di loro ideologicamente in conflitto erano riuscite con uno sforzo di sintesi tanto saggio quanto inusuale a trovare un accordo sui principi fondamentali. Proprio quest’ultimo elemento è rappresentativo della modernità della Costituzione del 1948 anche se la stessa già a partire dai primi anni novanta del secolo scorso è stata sottoposta a progressive modifiche che, come possiamo constatare a distanza di tempo, non hanno certamente contribuito a migliorarla.

Secondo molti storici gli anni novanta hanno rappresentato un momento di grave crisi, forse il peggiore del periodo repubblicano che, come si ricorderà, è culminato con la messa sotto accusa di un’intera classe dirigente e al contempo con il pressoché totale dissolvimento di tutti i partiti tradizionali; gli stessi che avevano dato vita alla Costituzione repubblicana

Oggi, anche considerando i programmi annunciati nella lunga campagna elettorale da poco conclusa e ai risultati della stessa, possiamo dire siano in larga misura attenuate le esternazioni dei leader politici di originaria vocazione separatista. Non assistiamo più o quantomeno non più tanto frequentemente a dichiarazioni provocatorie in ordine alla necessità di far primeggiare i dialetti e gli idiomi locali, la brama della valorizzazione di bandiere e di inni tipici che neanche esistono e che altro non rappresentavano che il desiderio di eliminare o quantomeno correggere i costumi nazionali.

Tuttavia persiste l’assenza di identificazione tra tutti i cittadini italiani, ovvero l’elemento che più di altri dovrebbe caratterizzare una Nazione nel rispetto e al di là di ogni peculiarità e diversificazione locale. A settant’anni dalla sua promulgazione, è tempo di interrogarsi sul senso profondo della Costituzione della Repubblica Italiana. Sui valori e sul sentimento di appartenenza e identificazione nella stessa. Soltanto in tal modo possono essere comprese le ragioni della disaffezione tanto marcata nei confronti delle proprie radici culturali ed identitarie da parte di segmenti non trascurabili della nostra società.