Le parole che non riusciamo a sentire

Oggi per i cattolici è il giorno del silenzio. Tutto è compiuto, ma al tempo stesso, tutto deve ancora accadere. Si attende, sospesi tra il dolore della morte e la gioia della Resurrezione, senza comprendere fino in fondo gli eventi.

Il sabato Santo, è diventato il sabato dell’umanità, di tutti noi, credenti e non. Siamo qui ad aspettare di poterci lasciare alle spalle questa lista in continuo aggiornamento di morti e poter rinascere a nuova vita, portandoci nel cuore e soprattutto nella mente il silenzio di questi momenti.

Un silenzio che è mancato per troppo tempo dentro di noi e che anche ora non riusciamo ad ascoltare. Non lo sopportiamo nelle strade deserte delle nostre città, in quelle serrande abbassate ormai da settimane. Cerchiamo distrazioni virtuali, rifugio nella tecnologia. Ci mettiamo a cucinare, a fare sport in casa, a darci appuntamento sui balconi per l’ennesimo flash mob, pur di non restare in silenzio. Ma non si può sempre scappare: c’è un momento in cui la vita ci guarda negli occhi e, attraverso il silenzio, ci chiede aiuto.

Non parla l’infanzia negata, ad esempio non fanno rumore i bambini siriani mentre piangono sotto le bombe o muoiono per il freddo. Non si lamentano i piccoli che chiedono l’elemosina ai bordi delle strade dei nostri marciapiedi. Sono silenziosi anche gli oceani quando vengono trattati come se fossero depositi di plastica, quintali di rifiuti che giacciono come isole deserte in fondo al mare. Non urlano neanche le foreste mentre bruciano. Non chiedono aiuto i deboli che vengono sfruttati e non hanno voce i moderni schiavi: le donne sfruttate in strada, gli immigrati, i lavoratori in nero… tutte quelle persone non possono vantare diritti perché glieli neghiamo. Ci chiedono aiuto persino i giovani che si sballano in discoteca, che bevono e si drogano, ma piangono lacrime invisibili. E, in silenzio, stanno parlando anche tutte quelle famiglie, imprese e lavoratori che oggi soffrono gli effetti di questa pandemia: dolore che si somma all’angoscia del domani. Poveri che saranno ancora più poveri. Quando tornerà il rumore di una routine ben consolidata, non permettiamoci di dimenticare, soffocare, questo silenzio e tutte le richieste di amore che da esso derivano.