L’arma della Chiesa contro la mafia

Ad un anno esatto dalla presentazione della Lettera a cura della Cesi (Conferenza Episcopale Siciliana) dal titolo “Convertitevi”, redatta a venticinque anni dal “grido” di san Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi di Agrigento, che per la prima volta condannava apertamente la mafia, si torna a riflettere sul tema.

Per l'occasione nell'Aula Magna della Facoltà Teologica di Sicilia “San Giovanni Evangelista” di Palermo si terrà un incontro che avrà come significativi relatori mons. Stefano Russo, Segretario Generale della Cei e lo storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi. L’evento, che è stato promosso e organizzato dal Centro Studi per la Cooperazione “A. Cammarata” e dallo stesso ateneo pontificio palermitano, si aprirà con l’intervento del preside della Facoltà, il prof. don Francesco Lomanto, mentre modererà l’incontro la professoressa Anna Pia Viola, docente di filosofia presso la stessa facoltà ospitante. Sarà un’occasione per valutare lo status quaestionis della riflessione ecclesiale ed ecclesiologica sul fenomeno della mafia, per sperimentare la comunione fra le Chiese italiane, e quindi per portare i pesi gli uni degli altri ma c’è anche un valore testimoniale che non deve sfuggire.

Se nelle Chiese di Sicilia sono emersi percorsi profetici di conversione anche altre Chiese potranno giovarsi di tale grazia, che giungerà come consolazione e speranza per le comunità che sono chiamate ad affrontare la medesima tribolazione. Se invece in terra di Sicilia si dovessero riscontrare ancora dei ritardi o dei compromessi con la mafia, che la Lettera stigmatizza apertamente come peccato, allora l’attenzione delle chiese sorelle potrà essere accolta come un invito alla correzione fraterna, per far risuonare con più forza la voce del Vangelo. Nella Lettera i Vescovi di Sicilia hanno più volte invitato a una conversione dalle parole ai fatti. E lo stesso documento aveva già indicato alcuni significativi passi in avanti come la “rottura del silenzio” e il tentativo di purificazione e valorizzazione della pietà popolare. La questione interpella la Chiesa secondo la sua “consistenza storica” e “presenza sociale”, ma anche, sul piano teologico ecclesiale, circa l’immagine che essa offre di sé, che, secondo le Scritture, è quella resa conforme all’immagine del Figlio unigenito del Padre (cf. Rm 8,29), a quel Cristo povero e carico della croce, cui richiama Lumen Gentium 8.

L’incompatibilità tra Chiesa e mafia è stata ribadita da Papa Francesco nell’omelia tenuta il 15 settembre dello scorso anno a Palermo in occasione del venticinquesimo anniversario della morte del beato Padre Pino Puglisi. In quell’occasione il Pontefice ha affermato: “Non si può credere in Dio ed essere mafiosi”, invitando gli esponenti dei clan criminali a convertirsi “al vero Dio di Gesù Cristo».

E il Dio di Gesù Cristo è Colui che ha donato la sua vita per riscattare l’uomo dal peccato. Esinanirsi divino che da sempre, nella storia della Chiesa, trova come imitatori i martiri. Dimensione testimoniale che nella Lettera dei vescovi siciliani è richiamata più volte facendo riferimento a don Pino Puglisi e al giudice Rosario Livatino, storie che si leggono secondo il legame di fede e di amore con il Signore di questi suoi autentici testimoni. Peculiarità del martirio cristiano che più sorprende generando conversioni. Realtà che rinviano ancora alla centralità dell’Eucarestia nella vita della Chiesa. L’appello del Papa polacco, il grido contro la mafia, fu pronunciato al termine dell’Eucarestia da lui presieduta nella Valle dei Templi. Giovanni Paolo II, infatti, prese la parola dopo l’esortazione del diacono: “Andate in pace”. Come a voler dire, la messa non è finita ma continua e inoltre non ci può essere vera pace se permangono compromessi e connivenze con ogni forma di mafia. Dall’Eucarestia, cui si giunge attraverso la Parola, cristiani e chiese potranno lasciarsi educare e formare al dono di sé, ad una diaconia profetica nei confronti della storia e quindi a rinnovarsi interiormente, nella mente e nel cuore, senza conformarsi alla mentalità del mondo.