L’antidoto all’infodemia è la legalità

In questi giorni si è concluso un progetto che da anni viene portato avanti dal Ministero dell’Istruzione e dall’Università Luiss di Roma, cui ho avuto l’onore di partecipare. Il progetto ha un nome e un obiettivo ambiziosi “Legalità e Merito”: due parole chiave con le quali si intende diffondere negli istituti superiori italiani la cultura della legalità e della meritocrazia.

Quest’anno il progetto è stato più ambizioso degli anni precedenti perchè costeggiato, e ostacolato, dalla pandemia da Covid-19, che ha reso le attività e l’impegno delle persone coinvolte più complesso e, per questo, ancora più meritevole. Ho avuto l’occasione di conoscere e confrontarmi con tanti adolescenti sulle principali problematiche e sulle difficoltà di gestire una crisi così importante, che ha portato un cambiamento radicale nelle loro, e nelle nostre, vite.

Ebbene non è un caso che molti istituti scolastici abbiano deciso di affrontare il tema dell’informazione e della disinformazione: la pandemia ha mostrato tutte le falle della moderna società dell’informazione. Una società in cui la velocità di trasmissione delle informazioni (non chiamiamole notize…) ha la meglio sull’approfondimento, sulla ricerca e sullo studio; e in cui la velocità di apprendimento delle informazioni ha la meglio sulla riflessione e, spesso, sulla comprensione delle stesse.

E’ per questo che si parla non solo di disinformazione, ma di infodemia. Il termine mutuato dall’inlgese infodemic riesce, con una sola parola, a spiegare ciò che abbiamo vissuto: la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, spesso non vagliate con accuratezza, che rendono difficile, talvolta impossibile, orientarsi su un certo tema per la difficoltà di individuare fonti affidabili (la definizione è tratta da Treccani, Neologismi). Siamo stati destinatari, e poi nostra volta, molto spesso, divulgatori di informazioni, riflessioni e credenze, sprovviste di qualunque fondamento scientifico e pratico. Questa catena di diffusione di informazioni è potenzialmente illimitata, grazie soprattutto all’aiuto dei social network che veicolano pensieri di ogni genere, e può essere interrotta solo facendo appello al senso di responsabilità di ciascun cittadino: responsabilità e consapevolezza al corretto utilizzo dei social network e alla corretta informazione.   

Bisogna rendersi conto che la libertà di esprimere pensieri e di divulgarli con ogni mezzo a nostra disposizione può trasformarsi in un’arma in grado di danneggiare tante persone e financo la collettività.

Per questa ragione le libertà, anche quelle reputate fondamentali come la libertà di pensiero (garantita dall’art. 21 della Costituzione) non sono illimitate e trovano nelle libertà e nei diritti altrui un limite. Questo principio, che potrebbe apparire banale è di fondamentale importanza, tanto che la Corte Costituzionale lo ha chiarito fin dalla prima pronuncia, affermando che “il concetto di limite è insito nel concetto di diritto” e “nell’ambito dell’ordinamento le varie sfere giuridiche devono di necessità limitarsi reciprocamente perché possano coesistere nell’ordinata convivenza civile”.

La convivenza in una società liberale e democratica presuppone allora sempre giudizio di bilanciamento tra valori contrapposti, diretto a stabilire, secondo criteri di ragionevolezza, quale di essi sia da considerare prevalente, peraltro non sino al punto che il diritto soccombente “ne risulti snaturato o ne sia reso arduo o addirittura impossibile l’esercizio”.

Argomentando in tal senso, le situazioni giuridiche idonee a giustificare limitazioni alla libertà di espressione possono essere individuate, da un lato, nell’ambito dei c.d. “diritti della personalità” (diritto alla riservatezza, all’onorabilità, alla reputazione, alla dignità sociale), e dall’altro nell’ambito di interessi di natura pubblicistica, come quelli concernenti l’amministrazione della giustizia e la sicurezza dello Stato. La diffusione di fake news può ledere diritti altrui, e gli strumenti giuridici a disposizione non possono da soli arginare questo fenomeno, se non sono coadiuvati da senso di responsabilità e da cultura della legalità.