La società della rabbia

Tutto ciò che avviene quotidianamente in tanta parte dei talk show televisivi, in un’ampia gamma di programmi nei nostri palinsesti televisivi e del web, impone una riflessione sulla “rabbia“, emozione sempre più diffusa e trasudante nella parola dei mezzi di comunicazione e ben oltre la contingenza esplosiva dei fatti.

La collera “fisiologica” che scaturisce dal difendere il proprio corpo, la propria vita, i propri diritti, i propri bisogni e le persone amate, sta divenendo oggi “modus di comunicazione strutturale” sempre più spesso spettacolarizzata e strumentalizzata per entrare nel cuore emotivo di uno spettattore assonnato e distratto essenzialmente per obiettivi economici, sia di “share” che di “clic”. Molte trasmissioni e molti post sul web sono espressione di uno spirito che scadendo nell”ipercriticismo’ disperde tanta energia vitale dei lettori, senza che questa possa essere convogliata in modo e forme costruttive.

Tante delle esternazioni che oggi vediamo, spesso non sono una lotta per dei diritti giusti, come si vorrebbe far credere, ma sono solo uno sfogo non mediato dalla ragione e che non di rado viene sollecitato con comportamenti che mirano a radicare la “cultura del nemico” con effetti distruttivi nelle relazioni umane. Troppo frequentemente questi sfoghi finiscono per consolidare nelle platee anonime dietro allo schermo, la percezione di sé come impotente vittima e per confinare ancor più coloro che sono già vulnerabili, nell’amarezza più insana ed irragionevole, inasprendo battaglie in un circolo vizioso virtualmente infinito.

Non dimentichiamoci che la collera logora le amicizie e le relazioni sociali, suscita aggressività, tensione, accresce la frustrazione e rende inconcludente ed estenuante ogni discussione. Pian piano l’intero universo diventa misero, asfittico, cattivo, perverso. La colpa è sempre degli altri, dei politici, della società, del partner, della famiglia, degli amici, del migrante, degli altri…

Anche nel campo delle comunicazioni e dello spettacolo occorre passare da una “vis polemica” ed una “vis creativa” dove l’aggressività e la denuncia delle violazioni dei propri diritti siano trasfigurate in energie creative e positive dove la creatività personale possa fluire e attraverso la quale si possano più serenamente esprimere le contrarietà della vita.

Accanto alla “rabbia” va mostrata l’esistenza anche dell’altra politica, dell’altra società, dell’altro partner, dell’altra famiglia, dell’altro migrante, di tutti gli altri, oltre e al di là della collera. Dobbiamo camminare tutti assieme per passare dalla collera per l’ingiustizia alla resistenza non violenta all’offesa, alla forza della volontà e dell’unità, alla chiarezza costruttiva, ad irrobustire la convinzione fondata sulla ragione dei valori da difendere e rafforzare.

Il primo antidoto alle violenze sociali dell’ingiustizia così come alla guerra, è culturale, morale: è nel modo in cui pensiamo noi stessi come persone umane e i nostri rapporti di convivenza e tanta parte in questo ha anche l’informazione che svolge un fondamentale funzione etica nella costruzione di una società democratica rispettosa della dignità dell’Uomo. Anche il mondo delle comunicazioni ed i mass media hanno bisogno di affrancarsi e finalmente di disintossicarsi da pericolose dipendenze.