La paralisi dello Stato

La Corte Costituzionale svolge diversi compiti nel nostro sistema istituzionale. I più importanti, appunto, sono quelli di verificare la costituzionalità delle leggi e di risolvere i conflitti tra i poteri dello Stato: legislativo, esecutivo e giudiziario. Per svolgere questo ruolo è fondamentale la composizione dell’organo scelta dall’Assemblea Costituente, eletta ogni 9 anni, che ha previsto tre diverse tipologie di membri. Una eletta dai giudici di carriera, l’altra nominata dal presidente della Repubblica e l’ultima (quella in discussione oggi) designata dal Parlamento in seduta comune. Si realizza, quindi, un bilanciamento molto delicato, perché ci sono tre componenti, una politica, una giurisdizionale e una più neutrale, che è quella scelta dal capo dello Stato tra i professori universitari.

La Corte ha un’importante funzione di equilibrio nel nostro ordinamento. Pensiamo al sindacato di legittimità: attraverso questo giudizio la Consulta elimina tutte le leggi che vanno al di là delle norme previste dalla Costituzione e che, pertanto, sono manifestazione di una sorta di estremismo parlamentare. La Corte ha dunque il compito, in questo caso, di moderare gli eccessi e far passare solo le scelte ragionevoli. Il fatto che manchino ancora due membri tra quelli eletti dal Parlamento altera il bilanciamento di cui si diceva. Difettano, infatti, due giudici con alle spalle esperienza legislativa.

Non è la prima volta, tuttavia, che si verifica uno stallo così lungo. Nel 1996 ci vollero due anni per arrivare alla nomina dei giudici da parte delle Camere. In quel caso, mancando anche altre nomine, la Consulta rischiò addirittura la paralisi. Questo perché essa può decidere solo in presenza di almeno 11 giudici su 15. Per cui c’era il rischio che, se ad esempio uno dei giudici si fosse ammalato, si andasse sotto quorum. Un cattivo esempio, questo, che non andrebbe seguito.

Antonio Baldassarre
Presidente emerito della Corte Costituzionale