Il meccanismo ombelicale del Pd

Epensare che aveva detto di voler mollare la politica. Che poi di cose, soprattutto fra i renziani, se ne dicono tante, e tutte puntualmente smentite. Chissà se anche stavolta Maria Elena Boschi farà la stessa cosa. Chissà. “Continuo a non pronunciarmi sui candidati al congresso del Pd, ho fatto questa scelta. Sicuramente voterò', ma non ho ancora deciso per chi. Ho deciso per ora di non partecipare attivamente a questa fase congressuale”. E sì perché l’ex ministro Boschi, tornando a vestire i panni dell’ombra di Renzi, ha pensato bene di adottare la stessa liturgia, più che strategia, del suo creatore politico, dire e non dire per vedere l’effetto che fa. Perché se poi nessun candidato ottiene più del 50% tutto si gioca al congresso. E lì i renziani hanno ancora i numeri per fare i numeri a colori. E nonostante il fatto in alcune zone della Toscana – la regione di Boschi e di Matteo Renzi – secondo risultati ufficiosi e parziali starebbe andando bene il candidato Maurizio Martina, la deputata del Pd ed ex ministro risponde serafico: “Davvero? Non ho guardato i risultati, davvero, mi sto occupando di altro. Alla Camera sono appena intervenuta sulle riforme costituzionali”.

Un vizio, dirà qualcuno. A far da eco alla Boschi la prezzemolina Anna Ascani. “Il mio appello è quello di utilizzare questo congresso per il bene del Pd: i nostri dati ci dicono che la nostra mozione sta raccogliendo un consenso insperato e sorprendente, e quindi vogliamo andare avanti su questa strada”.  Quale sia esattamente è difficile dirlo. Quel che sta avvenendo dentro e fuori dal Pd è qualcosa che sta a lato della politica codificata. Per il bene stesso della democrazia il Paese, oggi, avrebbe bisogno di una opposizione viva e vegeta, magari che lotti insieme a loro, gli oppositori appunto. Invece il Pd si disinteressa della maggioranza, come se fosse un problema d’altri, e si occupa solo del proprio ombelico, Come se fosse  vivesse su di un altro pianeta, pur essendo molto disorientato quanto disorientante. Dunque chiunque vinca questa partita, ammesso che alla fine vi sia un vincitore, dovrà scendere sulla terra e riprendere confidenza con il mondo. Visto che il mondo continua a girare.

A beneficio di quei pochi appassionati uno dei sondaggi che circola in rete assegna la vittoria a Zingaretti, ma non in modo schiacciante, visto che ottiene solo il 39%, con un margine del 6% su Martina, secondo. Il reggente uscente infatti è al 33,42% ed appare lo sfidante più pericoloso per il governatore del Lazio. Segue a distanza Boccia, con il 16,03%. Numeri tutti da confermare ovviamente ma che danno una traccia di quel che sta accadendo. Ma come avverrà, appunto, la scelta del nuovo leader a livello nazionale? Ricordiamolo. Il congresso consiste come si sa in diverse fasi. In questo momento e fino al 23 gennaio è in corso il voto nei circoli, che scelgono i rappresentanti per le convenzioni provinciali che effettivamente voteranno i candidati. Alle primarie aperte del 3 marzo 2019 saranno presenti solo i candidati arrivati nelle prime tre posizioni, a patto che abbiano superato il 5%. Ma potrebbero essere più di tre se un candidato ottenesse il 15% nazionale o almeno in cinque regioni. In pratica un vero rompicapo. Se alle primarie nessuno raggiungesse la maggioranza assoluta sarà l’assemblea nazionale a decidere. Un po’ come nelle elezioni presidenziali Usa, perché il 3 marzo saranno in realtà votati delegati legati ai candidati segretari, e non loro direttamente. Ecco, se non è questo un meccanismo ombelicale… Difficile che il Paese, affaccendato in altre faccende, possa appassionarsi a ciò. Vuoi mettere la campagna elettorale per le Europee? Tutta un’altra storia su…