Il gioco di specchi delle Sardine

L'origine prima del movimento delle Sardine è Salvini, il che è paradossale visto che il leader del Carrocio non è al governo ma all’opposizione. È evidente che Salvini sia stato il personaggio politico dominante degli ultimi diciotto mesi, ed è altrettanto evidente che vi sia una specie di convinzione che, in qualche modo, l’ipotesi di un governo Salvini sia inevitabile. Due-tre mesi fa c’era l’impressione che il Conte II fosse destinato a esaurirsi rapidamente e che, in seguito, l’unica opzione fosse proprio Salvini. La politica italiana ha ruotato in questi ultimi mesi attorno al leader leghista, il che non è una novità visto che l’Italia ha partiti e istituzioni deboli, e la scena pubblica tende a strutturarsi attorno a un individuo: per anni è stato Berlusconi, poi Renzi per un po’ di tempo, e ora Salvini. C’è sempre una persona divisiva rispetto alla quale tutti gli altri pezzi del sistema politico prendono posizione. Ovviamente Salvini non piace a una parte del Paese, e non solo: c’è stato anche un fenomeno abbastanza robusto, che fosse fondato o meno, di demonizzazione. C’è una parte di opinione pubblica che ritiene Salvini particolarmente pericoloso e che, quindi, l’opposizione debba essere particolarmente efficace o dura nei suoi confronti. E c’è una convinzione che l’attuale sinistra non sia in grado di contrapporsi a lui (i partiti strutturati, come il Partito democratico e gli altri minori del centrosinistra). E quindi, che la politica ufficiale non sia in grado di opporsi a sufficienza.

Da questo punto di vista, il fenomeno assomiglia a quello dei Girotondi, con la differenza che questo nasce quando Berlusconi va al governo, non all’opposizione. Questo è il catalizzatore: è un pezzo di società civile italiana che chiaramente si riconosce in valori di sinistra e anche abbastanza mainstream, come il politicamente corretto, il tipo di opinioni genericamente progressiste: europeismo, diritti, la protezione dell’ambiente… Questo tipo di opinione pubblica ha fortemente in antipatia Salvini e ha deciso di mobilitarsi per far vedere che c’è un’opposizione più efficiente ed efficace di quella che sta facendo il Partito democratico.nonostante il Pd non stia facendo opposizione ma governando. C’è sempre questo elemento paradossale di una piazza che si mobilita contro l’opposizione.

È quasi impossibile prevedere quale sarà il futuro del movimento, e molto dipenderà da ciò che accadrà nella politica italiana. È chiaro che se Salvini dovesse continuare a rafforzarsi e l’ipotesi di un’elezione e di una sua possibile vittoria dovesse farsi più concreta, per le Sardine ci sarebbe più spazio. Se, al contrario, il leader della Lega dovesse decrescere, questo elemento sarebbe meno robusto. Queste piazze possono andare avanti ancora un po’, forse qualche mese, ma come piazza in sé non andrà da nessuna parte, a meno che Salvini non vada al governo. Alternativamente, tutto questo dovrà trasformarsi in una forma di movimento politico che, però, è un’operazione molto difficile perché loro riescono a unificare proprio perché sono molto generici.

In caso di vittoria di Salvini, anche a livello nazionale, mobilitare la piazza sarebbe molto più facile. Il problema è come tradurre il tutto politicamente. Quando si parla di una piazza di 100 mila persone, come fenomeno di piazza si tratta di qualcosa di imponente, ma se lo traduciamo in 100 mila voti, questi non sono pochi ma nemmeno tanti. Se si dovesse andare al voto e Salvini vincesse, nel mondo dell’opposizione ci sarebbero trasformazioni molto importanti e poco prevedibili e, in quell'ipotetico contesto, è possibile che si aprano spazi per fenomeni nuovi come quello delle Sardine.

Nel nostro mondo, che è in una fase avanzata di dissoluzione nichilistica, nel quale è molto difficile ricomporre attorno a dei valori condivisi perché il politeismo valoriale è ipersviluppato (e questo è un effetto dell’individualismo) e, per questo, diventa difficile trovare valori comuni che riescano ad aggregare numeri importanti di persone. In un mondo così, aggregare in positivo diventa molto difficile, mentre è facile fare il contrario: dire ciò che non ci piace e metterci contro qualcuno. Quando ci schieriamo a favore, invece, ci si frammenta in mille pezzetti. Da questo punto di vista, le Sardine sono un fenomeno populista, perché sono un fenomeno contro, solo che lo sono contro i populisti. Questi ultimi sono contro l’establishment, contro la casta, quindi c’è un elemento di opposizione a una situazione esistente. Chi si schiera contro i populismi si schiera comunque contro qualcosa. Io scendo in piazza contro l’odio che, però, in questo caso non è un’idea astratta ma una persona concreta. Sono giochi di specchi nei quali la riaggregazione politica viene comunque fatta contro. In questo senso, le Sardine sono un fenomeno estremamente contemporaneo ma, purtroppo, non in senso positivo: non siamo più in grado di ricomporci a favore per qualcosa. Loro sono contro quel modo di far politica ma anche loro sono semplicistici e procedono per slogan. Sono giochi di opposizione gli uni contro gli altri, tutti finalizzati al fatto che l’unica forma di ricomposizione nella contemporaneità è contro, in negativo. Ed è un problema non da poco perché la politica qualcosa in positivo deve pur farlo prima o poi.