Primo stop del Conte II: forse slitta il decreto clima

L'abito verde potrebbe nell'armadio di almeno una settimana. Nessuno dei presenti se la sarebbe sentita di indossarlo già da oggi, giovedì 19 settembre, in Consiglio dei ministri. Ognuno aveva il suo motivo da addurre, fossero i dubbi sulle coperture, il mancato coordinamento tra forze in campo o una maggiore cautela verso un'economia più ecologica. Degli ostacoli che ha subito incontrato la bozza del decreto legge del governo voluto dal ministro dell'Ambiente Sergio Costa, in quota Movimento 5 Stelle, ha scritto il quotidiano torinese La Stampa.

Programma ambizioso

Con il suo decreto “per il contrasto dei cambiamenti climatici e la promozione dell'economia verde”, il ministro Costa ha messo sul piatto del governo un – citando De Gaulle – vaste programme. L'introduzione di crediti d'imposta, agevolazioni e bonus fiscali per chi vive in città che non hanno rispettato i limiti europei sull'inquinamento e rottama veicoli fino a Euro4, chi vende saponi o alimenti sfusi senza ricorrere a imballaggi di plastica, un servizio scuolabus a basse emissioni, un potenziamento della Valutazione d'impatto ambientale e soprattutto il taglio del 10% all'anno delle spese fiscali dannose per l'ambiente, fino all'azzeramento definitivo nel 2040. Misura, questa, che andrebbe a toccare gli sconti sui carburanti a chi lavori nei settori dell'autotrasporto e portuale. Tasti dolenti, che potrebbero scatenare un effetto gilets jaunes tra le categorie interessate, o una forte resistenza da parte di aziende nazionali e multinazionali interessato al trasporto su gomma.

Rapporti

La porzione di governo pentastellato e quella democratica sono concordi sul marciare uniti verso il “Green New Deal” che è uno degli orizzonti della nuova presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. E in un'intervista a La Repubblica di qualche settimana fa il neoministro dell'Economia e della finanze Roberto Gualtieri (Pd) aveva parlato della convergenze italiana al progetto comunitario. Ma quando si deve entrare in azione, cominciano i distinguo. Sempre secondo La Stampa, infatti, c'è il sospetto – nelle componente Pd – che il ministro abbia proposto in tempi così rapidi un decreto legge perché è alle porte il vertice delle Nazioni unite sul clima, che si terrà a New York il prossimo 23 settembre. Ma ci sarebbe anche uno scontro interno tra dicasteri. Per il quotidiano torinese, l'ala grillina dell'esecutivo critica al ministro di aver fatto da solo senza coordinarsi con i suoi colleghi. Appare in supporto di questa testi quanto scrive Il Sole 24 Ore. Per il giornale di Confindustria, il ministero per lo Sviluppo economico avrebbe fatto resistenza per il timore che gli venissero tolte alcune competenze. A questo si unisce anche la nuova stampella del governo giallorosso, il plotone di Italia viva di Matteo Renzi. L'ex presidente del Consiglio ai tempi aveva varato degli incentivi per il ricorso all'energia pulita e durante i suoi mille giorni l'Italia aveva raggiunto con anticipo quanto richiesto dall'Unione europea, ma al contempo è anche stato contrario al voto contro le trivelle al largo delle coste italiane. Resta quindi l'interrogativo sull'adesione al “Green New Deal” della nuova forza in campo, che non avrebbe mancato di sottolineare – riporta La Stampa – che toccare i sussidi potrebbe avere ripercussioni.

La manovra

C'è poi la legge di bilancio che dovrà essere pronta entro un mese e dovrà far quadrare i conti. L'obiettivo principale è disinnescare l'aumento dell'Iva per 23 miliardi, poi c'è un'altra manciata di miliardi per le spese cosiddette “indifferibili”. Spetterebbe a chi scrive la manovra decidere quali di queste spese fiscali andrà ridotta del 10% dal 2020, per circa due miliardi di euro di taglio. Nel “Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi” ci sono 160 voci, che valgono 19,3 miliardi di cui punta a tagliarne complessivamente 16,8 nel tempo. Le voci più “scottanti”, visto che si parla di contrasto al cambiamento climatico e lotta all'inquinamento, sono quelle che riguardano i carburanti. L'accisa sul gasolio, che vale 1,2 miliardi e la differenza di prezzo tra questo e l benzina, che sfiora i cinque, in favore del primo. Secondo il Sole, tagliarle comporterebbe sia far lievitare i costi sulle spalle di alcune categorie di lavoratori che potrebbero esserne fortemente penalizzate sia far trovare al distributore lo stesso prezzo per benzina e gasolio, con aggravio per il consumatore.