I veri interessi dietro Saint Nazaire

In questi giorni le cronache politiche ed economiche sono concentrate sull’affaire relativo ai cantieri di Saint Nazaire in Francia, controllati da un branch della sud coreana Stx, Stx France, che erano stati opzionati da Fincantieri per essere assorbiti.
Si scrive “erano” perché solo pochi giorni fa, quando l’operazione era data per assodata, il nuovo governo francese ha deciso di far scattare la clausola di prelazione e di nazionalizzare l’impianto proponendo all’azienda italiana, che è tutt’oggi controllata dal ministero dell’Economia, una partnership paritaria nella gestione dei cantieri.

Ma cos’è che ha fatto cambiare repentinamente le “carte in tavola” di fronte ad un affare, ormai, dato per concluso? I cantieri alla foce della Loira sono reduci da una crisi che perdura da diversi anni che ha portato al fallimento l’azienda proprietaria ma hanno delle caratteristiche piuttosto interessanti per chi, come Fincantieri, può contare su un business solido e ordinativi miliardari per i prossimi anni che è rappresentato dalle dimensioni della struttura produttiva. Questa caratteristica permetterebbe l’apertura di più cantieri contemporanei di grandi navi, sia civili sia militari, inserendosi prepotentemente nel piano di crescita strategico che il gruppo italiano ha messo in atto da diverso tempo.

Proprio sulla capacità produttiva di navi militari sembra che si snodi il bandolo della matassa relativa alla questione. Tralasciamo il proverbiale sciovinismo francese e la nota antipatia per le scalate di aziende italiane nell’Esagono ma ragioniamo su questo punto.

La compagnia francese Naval Group, controllata dallo stato transalpino, aveva un accordo industriale fin dal 2008 con Stx France per la realizzazione di navi militari e, al momento, la società Orizzonte Sistemi Navali (joint venture fra Fincantieri e Leonardo-Finmeccanica) fornisce navi da superficie allo stato francese e partecipato a una cooperazione per la realizzazione di caccia torpedinieri e le nuove fregate multimissione Fremm. L’acquisizione di Stx France da parte di Fincantieri, come concordato con il tribunale fallimentare di Seoul, sposterebbe l’asset strategico verso l’Italia creando, credibilmente, un inaccettabile vantaggio verso quest’ultimo secondo le valutazioni dell’Eliseo.

Da qui alla decisione di nazionalizzare l’azienda in fallimento il passo è breve, così come la proposta di un inedito asset societario 50-50 tra Parigi e Fincantieri per riequilibrare la posizione e mitigato dall’indicazione della presidenza della società da parte dell’azienda italiana permettendo, quindi, di mantenere un controllo effettivo sulle decisioni del Cda nonostante la formale parità di partecipazione.

A livello politico, quindi, parrebbe che ci possano essere delle ragioni forti che hanno spinto Macron a rinnegare l’accordo già stipulato in precedenza dall’ex presidente Hollande per l’acquisto del branch francese della coreana STX ma a livello industriale le cose cambiano e non poco. Per acquistare e rimodernare i cantieri di Saint Nazaire, Finmeccanica aveva previsto un investimento iniziale di 80 milioni di euro, a fronte della quota di controllo di Stx France del 66,6% del capitale lasciando allo stato francese il 33,3% ma questo investimento diverrebbe rischioso se non fosse posta sotto il controllo italiano la maggioranza assoluta delle azioni con diritto di voto.

La cosa buffa, però, è che i cantieri di Saint Nazaire, che probabilmente avrebbero ripreso il nome storico di Chantiers de l’Atlantique, non sarebbero finiti sotto il controllo assoluto di Fincantieri poiché questa ne avrebbe controllato solo il 48%, mentre la restante compagine societaria sarebbe stata formata dalla Francia con il 33%, da Naval Group con il 13% e dalla Fondazione CrTrieste con il 6%.

Stante il controllo dello Stato in Naval Group e la partecipazione diretta nei cantieri, la compartecipazione di Parigi in Stx France avrebbe reso, di fatto, Fincantieri il socio di minoranza (nonostante la “concessione della presidenza” da parte del governo) senza potere de facto nelle scelte industriali, cosa che rendeva ancor più problematica un’eventuale accettazione delle condizioni che il governo francese vorrebbe imporre in caso di creazione di questa nuova compagine societaria.

La giustificazione all’azione governativa del ministro dell’economia francese Bruno Le Maire di voler “salvaguardare la realtà industriale e occupazionale” della zona sembra, quindi, una barzelletta per coprire una questione più di RealPolitik nazionale in campo militare poiché anche l’idea di valutare la possibilità di altri investitori si scontra con la realtà dei fatti in cui Fincantieri è stato l’unico gruppo a presentare un’offerta davanti al tribunale di Seoul e a negoziare un accordo con il governo francese per salvaguardare sia il tessuto economico sia l’occupazione nel settore.

La soluzione più efficiente, invece, avrebbe potuto essere quella della non intromissione dello Stato nell’operazione che Fincantieri stava portando avanti con i coreani, magari accompagnata dall’apertura di una nuova joint venture con Stx France, oltre che con Orizzonte Sistemi Navali, e Naval Group per creare un vero polo italo francese per la realizzazione di nuovi progetti navali in campo militare, anche destinati a commesse estere e permettendo oltre all’arrivo di nuovi capitali e di alte competenze ingegneristiche e tecnologiche anche un rilancio dell’occupazione nella zona, creando un polo industriale di alto livello come già si è visto in anni passati anche nel campo aeronautico, ad esempio, con il progetto Tornado.

A livello industriale l’azienda italiana, infatti, non avrebbe bisogno di quell’impianto, se non per dominare con il 60% circa del mercato il settore dei cantieri navali crocieristici e il braccio di ferro con Parigi potrebbe far saltare il progetto, magari spingendo Fincantieri vero la riqualificazione degli stabilimenti di Castellammare di Stabia, Monfalcone o Palermo con un sicuro vantaggio per l’impiego e l’economia interna italiana ma porterebbe al credibile smantellamento dell’avamposto industriale di Saint Nazaire che, probabilmente, la Francia non avrebbe né un vero interesse né le possibilità di rilanciare.