I migranti della cultura

Fino a qual che tempo fa erano tacciati di voler restare in casa fino a 30 anni a farsi mantenere dai genitori, oggi non è più così, ma questo cambiamento si trasforma in una critica feroce al sistema Italia.

Per Natale, infatti, il 27% dei giovani italiani desidera fare un’esperienza formativa all’estero. Altro che “bamboccioni”, “mammoni” o “choosy” come furono definiti da alcuni ex ministri. Da Nord a Sud la tendenza è omogenea. Più motivate le donne. Lo rivela una ricerca su un campione di 1.200 ragazzi tra i 18 e i 29 anni attraverso il web.

Sono più i giovani interessati a uno stage di lavoro che quelli che vogliono un’auto o una moto. Le mete più ambite: città europee, Usa e Cina. Principale motivazione:imparare una lingua estera, con l’obiettivo di poter trovare lavoro all’estero.

La riflessione che ne scaturisce è che questa Italia non convince. Troppa burocrazia, ancora troppo forte il sistema delle raccomandazioni, troppo stagnante l’economia. E allora si guarda oltreconfine. Il resto del mondo viene visto come un posto dove poter cercare fortuna, costruirsi un futuro. Migranti della cultura, potremmo definire con amarezza i giovani italiani.

Ma attenzione, la fuga dei cervelli non è un male in sé. In un mondo globalizzato è fisiologico lo scambio di esperienze, idee, business. Ciò che non funziona è il fatto che chi parte non ha modo di rientrare, perché il sistema Italia non viaggia alla stessa velocità del resto del mondo. Non è sull’impedire l’uscita che bisogna lavorare ma sulla possibilità di rientro. Creare le condizioni per mettere a frutto in Patria le competenze acquisite all’estero deve essere la sfida del futuro, invertendo una tendenza che oggi mostra esattamente il contrario.

Detassare le nuove imprese, aiutare le start up innovative, calmierare il costo del lavoro, semplificare l’iter burocratico sono soluzioni delle quali si parla da tempo ma che in concreto non sono mai state attuate in modo strutturale. Gli interventi a spot spesso creano più danni di quanti ne risolvano nell’immediato.

Serve un cambio strategico, che permetta in più alle aziende di crescere per essere competitive anche e sopratutto sui grandi progetti. Il tessuto delle piccole e medie imprese va aiutato, ma non solo a sopravvivere. Va aiutato a crescere per permettergli di diventare medie e grandi aziende. Di conseguenza aumenterà l’occupazione, e la contribuzione. Ma il mondo è cambiato, e le energie e le idee dei giovani sono fondamentale per questo processo.

Non è dunque bloccando il processo formativo che si otterranno risultati, ma creando le condizioni affinché il bagaglio culturale acquisito venga poi speso nel Belpaese.