I guerrieri invisibili

guerrieriNel fenomeno dei foreign figthers può apparire strano lo sdoppiamento fra l’appartenere al mondo democratico, avendo cittadinanza in un paese europeo, e il recarsi nei teatri di guerra in Iraq o in Siria. Si tratta di due mondi che appaiono in concorrenza ma che non lo sono per i jihadisti, perché vivere in Occidente è un surrogato oppure una specie di preparazione alla realizzazione del califfato mondiale. Il jihadismo, quindi, è una nuova forma di terrorismo e non è possibile paragonare il terrorismo jihadista al terrorismo che l’Europa e altri paesi, come il Giap¬pone, hanno conosciuto fra gli anni Settanta e Ottanta.

Che fossero le Brigate Rosse, la Rote Armee Fraktion oppure l’Armata Rossa Giapponese, questo terrorismo era l’espressione di un’ideologia facilmente reperibile, il cui significato, in azione, era perfettamente visibile. Inoltre, le loro filiere erano relativamente facili da individuare e, dunque, anche relativamente facili da penetrare. Si trattava di un terrorismo della rivendicazione che si muoveva all’interno di stati nazione: Francia, Giappone, Germania, Italia, Paesi Baschi, ecc. Oggi, questo terrorismo, come si è già sottolineato, si muove nello spazio globale di un islam mondializzato e può intervenire simultaneamente da un punto all’altro del globo; e quello che cerca non è la rivendicazione ma essenzialmente la destabilizzazione delle strutture delle nostre democrazie fino anche a toccare, attraverso l’informatica, i sistemi della finanza nelle borse mondiali e non solo.

La caratteristica saliente di questo nuovo terrorismo è l’essere di tipo situazionista, esattamente come il filosofo Guy Debord aveva previsto: preferisce lo sfruttamento della situazione in un contesto e in un momento preciso alla rivendicazione in nome di una ideologia o dell’ indipendenza di una regione, come ad esempio l’Eta nei Paesi Baschi. Il carattere situazionista del terrorismo jihadista ha delle conseguenze sulle sue strutture, che possono facilmente scomparire il giorno in cui l’azione è compiuta.

Perciò, altra caratteristica è proprio l’invisibilità. Le strutture di internet si adattano perfettamente a questo carattere di tipo situazionista e invisibile, perché non sono mai fisse ma sono nomadi come le tribù beduine del deserto. Oggi la sua progettualità può essere doppia: da una parte si può limitare a un progetto politico, ad esempio, la “liberazione” della Siria e dell’Iraq, dall’altra, però, ed è più importante, si poggia su una struttura di pensiero che, se anche ideologica, ha una vocazione universale, l’Islam, con il suo carattere oggi mondializzato. E’ un terrorismo dunque che diventa crudele, atomizzato.

Inoltre questo terrorismo ha la possibilità, rifacendosi ad un islam ideologicizzato, di reclutare un’infinità, una massa enorme di adepti, e la crescita esponenziale del Jihadismo europeo lo dimostra: non c’è limite. Paradossalmente si può affermare che la sua struttura è una “non struttura”, perché è nascosta. Tutto questo rende estremamente complicato il controllo e le schedature, perché man mano che si conoscono alcuni componenti, ne nascono altri nuovi quasi subito. E’ un terrorismo della destabilizzazione dunque, che ha molte similitudini con quello degli anarchici russi come Bakunin: si trattava di un «esercito invisibile, anonimo e onnipresente».

Non può dunque che inquietare, questo terrorismo, perché sta tutto nella manipolazione della paura e nella trasmissione dell’orrore, oggi mondialmente divulgati su Youtube. Esiste dunque, nel jihadismo, un uso intenzionale della violenza o della minaccia della violenza, la cui funzione è comunicare e trasmettere paura, per instaurare un nuovo stato psicologico. E nelle società oggi attraversate dal ritorno della religione, di un certo tipo di religione, la cosa non può che preoccuparci.

Procuratore della Repubblica di Trani