Ascoltare il grido di aiuto che arriva dai giovanissimi

La droga è sempre più a portata di mano tra i giovanissimi: ce lo dicono i testi della canzoni dei trapper, le serie tv e i film destinati ai ragazzi. Purtroppo ce lo dicono anche i telegiornali con i fatti di cronaca e l’indagine conoscitiva sulle dipendenze patologiche diffuse tra i giovani prodotta dalla Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza. Eppure noi adulti che cosa facciamo difronte a questi dati, a questa realtà? 

L’utilizzo di sostanze stupefacenti è in costante aumento tra gli adolescenti, ma i servizi pubblici e le comunità terapeutiche non riescono ad intercettarli. Al contrario, ci riesce il mercato della droga sempre più capillare sul territorio con prezzi ormai alla portata di tutti e, dall’inizio della pandemia, è sbarcato persino sul web con gli ordini online.

Non c’è più la vecchia e superata figura dell’eroinomane degli anni 90, ma consumatori all’avanguardia che spesso non vestono i panni del tossico. Ci sono tante nuove sostanze non tutte illegali: alcool, analgesici oppiacei, benzodiazepine ed altri psicofarmaci che vengono assunti in mix. Ed è proprio questo mix che espone gli adolescenti al maggior rischio. Secondo i dati ufficiali relativi al 2018, sarebbero 880mila i ragazzi che hanno dichiarato di aver fatto uso di sostanze illegali: praticamente uno su tre, tra i 15 e i 19 anni e gli operatori sul campo spiegano che il fenomeno è in continuo aumento e l’età si è abbassata sempre più arrivando a coinvolgere quelli che sono in realtà poco più che dei bambini ed hanno tra gli 11 e i 14 anni. 

In questo quadro desolante mi chiedo dove siano finiti gli adulti, come facciano a non accorgersi di una simile situazione e perché non si diano da fare per salvare questi ragazzi. La droga, per la maggior parte delle storie, è un tentativo – sbagliato – per colmare un vuoto esistenziale che fa male, che grida aiuto da tutte le parti ma che non viene ascoltato da nessuno se non dagli spacciatori di morte. San Giovanni Bosco diceva che in ogni ragazzo vi è un punto accessibile al bene. Ecco l’educatore – che è chiunque abbia difronte un giovane, anche solo per pochi minuti – deve cercare di evitare ai ragazzi di vivere esperienze negative che potrebbero deviare la loro vita inevitabilmente e cercare invece di fornire loro “la cassetta degli attrezzi” per affrontare la vita soprattutto attraverso l’esempio. L’obiettivo, spiegava Don Bosco, non è solo quello di prevenire il male: bisogna aiutare i giovani a essere consapevoli delle loro qualità, dei loro talenti, in modo da poter realizzare tutte le loro potenzialità. 

I ragazzi sono lo specchio della società che abbiamo costruito: loro l’hanno ereditata, noi costruita. Ma non è tardi, non è mai tardi per tornare al bene e prendersi cura dei giovani, metterli al centro del mondo e sostenerli nella loro crescita in modo da poter essere degli adulti migliori di noi.