Global Compact: l'ultima grana di Conte

Per la cancelliera tedesca, Angela Merkel, è stato un gran giorno. L’accordo sulle migrazioni firmato a Marrakesh da 164 Paesi, secondo la visione di Berlino, rappresenta il fondamento della loro “cooperazione internazionale”. La leader ha sottolineato come la sigla dell’accordo sia arrivata in occasione del 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, ricordando come tali diritti vadano garantiti “a ogni persona sul pianeta”.

Ovviamente la cancelliera ha ricevuto una standing ovation alla conclusione del suo intervento ricordando che le Nazioni Unite furono fondate sulle ceneri della Seconda guerra mondiale e alludendo all’”incredibile sofferenza del genere umano”, per mano del regime nazista. Più che condivisibile il richiamo storico, segno tangibile di come la coscienza di un Paese abbia fatto i conti con la propria memoria, forse davvero condivisa. Ma quello di Marrakesh passerà davvero alla storia come un gran giorno?  

Il Patto mondiale sulla migrazione dell’Onu, adottato in Marocco, non è “legalmente vincolante”, ma punta a promuovere “la cooperazione internazionale sulla migrazione tra tutti gli attori rilevanti, sapendo che nessuno Stato può gestire da solo la questione della migrazione”. L’accordo “rispetta la sovranità degli Stati e gli obblighi del diritto internazionale”, riconoscendo che “le migrazioni hanno innegabilmente ripercussioni molto diverse e talvolta imprevedibili sui nostri Paesi, così come sulle comunità, sui migranti e sulle loro famiglie”. Tuttavia “è fondamentale non dividersi e restare uniti davanti alle difficoltà poste dalle migrazioni internazionali e alle opportunità che offre”.

Ecco, come sempre l’Italia parte unita ma arriva divisa alla meta. Anzi, più che divisa, ondivaga, ondeggiante fra ciò che vorrebbe davvero e quello che porta a casa. Dove a prevalere è l’interesse particolare dei singoli: visione interna e ombelicale quella della Lega, contrapposta alla prospettiva di ampio respiro esternata dal premier Conte. Costretto, quest’ultimo a dover contemperare il gioco delle tre carte messo un campo dai 5 Stelle. Saggiamente Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, fa notare gli schieramenti  in campo siano chiari: da una parte la Merkel, Macron, Soros e tutti i paladini dell’immigrazione incontrollata. Dall'altra chi vuole difendere la propria identità e i propri confini come gli Stati Uniti, le nazioni del gruppo di Vysegrad, l'Australia, la Svizzera e molti altri. Dunque il governo italiano deve scegliere “da che parte stare, la melina è finita: o di qua o di là. Fratelli d'Italia, ovviamente, è per il no ed il partito è già pronto a raccogliere le firme per impedire la firma del trattato”. E’ una posizione, non la posizione dell’Italia ovviamente.

Di fatto, però, la posizione dell’Italia sul Global compact sarebbe figlia della contrarietà esternata da Salvini a cui si è adeguato, con una “virata”, anche il presidente del Consiglio, mentre “le stelle stanno a guardare”, con chiaro riferimento critico a M5s. Modesto amarcord. Il 26 settembre il premier Conte annunciava davanti all’assemblea generale dell’Onu che l'Italia, da sempre fautrice di un impegno globale per l’immigrazione, avrebbe aderito al Global compact for migration e il 21 novembre il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, in Parlamento descrive un orientamento positivo. Il 28 novembre arriva una sterzata da parte del capo del governo che comunica l’assenza dell’Italia a Marrakech. E lo fa con una scusa del tutto improponibile, ovvero quella di parlamentarizzare la questione ovviamente non in tempo per arrivare al momento della firma.

Un copione, quello appena descritto, che il nostro Paese ha seguito spesso in materia di politica estera, sentendosi svincolato dalle logiche interne. Il guaio è che, così facendo, non viene fatto un buon servizio a nessuno. A partire dall’immagine del Paese. “Riconoscere i diritti delle persone e farlo tutti insieme ha sempre creato più sicurezza e progresso per tutti”, sottolinea il capogruppo del Pd, Graziano Delrio, “l’assenza di Conte a Marrakech indica che, al di là delle belle parole di circostanza, la politica del governo è dettata da valori e azioni tipiche delle destre nazionaliste”. Possibile, ma il punto vero non è questo. Il dato oggettivo sta nel fatto che il patto suona più come un atto di pochi e non come un’azione concertata. Un coro con troppe voci e note stonate, insomma…