Generazioni contro

italo_dangeloCosa è cambiato in questi anni per far diventare la pensione dell’impiegato statale quasi un privilegio? Quando nel 1980 lasciai la professione forense per entrare nella Pubblica Amministrazione, lo stipendio del funzionario statale era ben magro e le responsabilità molto gravi sin dall’inizio. Oggi sono un pensionato, uno di quei “nuovi ricchi” che si sente quasi in colpa a riscuotere quella pensione che tanti altri colleghi non vedranno mai.

Ciò che sta succedendo nella nostra società in questo periodo storico, in maniera neanche nascosta, è la rinnovata distinzione tra classi: giovani e vecchi, privilegiati e non. E sta passando il concetto che i ragazzi siano più deboli al paragone degli “altri” – gli anziani – i fortunati .
Questo modo di vedere la vita falsa i rapporti. Il grande dono che ai giovani appartiene di diritto, che significa fantasia, inventiva, capacità di iniziativa, nel mondo attuale mal si coniuga con la preparazione, la professionalità, i sacrifici, la cultura.

Il giovane vuole tutto e subito. Ma non si muove per averlo, lo pretende dagli altri: dalla famiglia, dalla scuola, dallo Stato… Sicché l’anziano diventa ai suoi occhi una sorta di usurpatore che ha dilapidato il patrimonio della classe che avrebbe avuto il compito di sostituirlo, soprattutto a livello manageriale.

Non solo, ma sull’onda del pessimismo anche gli economisti e i filosofi, sui media, sollecitano i ragazzi addirittura a lasciare il Paese alla ricerca di migliori fortune. Così facendo stiamo correndo un grave rischio: la fuga delle nostre intelligenze migliori e soprattutto delle nostre vere ricchezze.

I manager – privati e statali – non debbono prepararsi per partire, semmai per restare. Abbiamo bisogno di professionisti che sappiano raccogliere le ben poche eredità lasciate dagli anziani, disposti ad impegnarsi in una politica sociale – quella che la dottrina della Chiesa definisce Bene Comune – che si fonda sopratutto sull’etica, sui valori.

Non dovrebbe essere favorita la lotta generazionale, peraltro in altri anni responsabile di violente proteste e derive pericolose. La giovinezza, se associata ad altri valori, è di per se stessa una grande, insostituibile ricchezza: d’altra parte “senectus ipse morbus ” ovvero la vecchiaia di per sé è una malattia e collegata ad essa è la depressione. Il dover vivere a lungo è una sfida che i vecchi sono “costretti “ad accettare: non lasciate che alla vecchiaia e all’inevitabile depressione per i sogni perduti si associno altre forme di disagio come il rimorso o addirittura l’acidità mentale.