La funzione sociale del medico sportivo

La pandemia che abbiamo vissuto negli ultimi mesi ha portato rilevanti cambiamenti nella nostra vita quotidiana e tra le abitudini cui abbiamo dovuto rinunciare vi è stata l’attività sportiva: per alcuni attività ludica e motoria, per altri attività agonistica, per altri ancora invece attività professionistica. Tutti abbiamo dovuto sospendere le attività sportive, per evitare di partecipare, in qualche misura, alla diffusione dell’epidemia. Nei mesi scorsi abbiamo assistito però ad una ripresa graduale delle attività sportive, dapprima individuali e poi collettive: ripresa che è avvenuta cercando di assicurare a tutti il più alto grado di sicurezza.

Proprio a tal fine il Ministro per le Politiche giovanili e lo Sport, Vincenzo Spadafora, ha recepito e dato ampia diffusione e attuazione ad un coprus di linee guida per lo svolgimento dell’attività sportiva, individuale e di squadra. Le linee guida sono poi state attuate dalle singole Federazioni Sportive che, per ciascuna pratica, hanno fornito le indicazioni necessarie a far riprendere lo sport in sicurezza. Ebbene non può sfuggire che nella redazione, come nella concreta attuazione, delle linee guida un ruolo di fondamentale importanza è riservato ai medici sportivi e alla Federazione Medico Sportiva Italiana. Non è solo lo sport, infatti, a svolgere un fondamentale ruolo sociale, ma anche la medicina sportiva assurge a tale compito. Già una risoluzione del 1973 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha riconosciuto alla medicina dello sport quattro funzioni: prevenzione; assistenza e terapia; formazione ed educazione sanitaria; e, infine, ricerca scientifica. Ma l’interesse del legislatore italiano per la Medicina dello Sport è persino anteriore, facendosi risalire alla legge del 28 dicembre 1950, n. 1055, che introdusse il certificato di idoneità fisica specifica allo sport, sia professionistico, esteso a tutte le discipline sportive, sia dilettantistico, ma limitato ad alcune pratiche.

La regolamentazione della medicina sportiva è poi divenuta più rigorosa negli anni ‘80 al verificarsi di accadimenti drammatici, che hanno coinvolto atleti e sportivi, ai quali si assiste, ancora oggi, nonostante gli stringenti obblighi di prevenzione e cura. Tali eventi hanno suggerito al legislatore l’introduzione di una regolamentazione organica della medicina sportiva, prevedendo visite obbligatorie e propedeutiche per lo svolgimento di gran parte delle attività sportive. Ciononostante accade ancora di assistere ad eventi tragici che riguardano sportivi, dilettanti o professionisti.

Tali riflessioni fanno comprendere la difficoltà e la rilevanza del ruolo del medico sportivo, chiamato a stabilire lo stato di salute di un atleta e, magari, anche la possibilità di un professionista di disputare una decisiva competizione. Si comprende allora che talvolta è proprio il coinvolgimento di interessi contrastanti, economici o agonistici del paziente o della società sportiva, a rendere complesso l’esercizio della funzione del medico sportivo. Tanto ciò è vero che il codice di deontologia medica dedica alla Medicina dello Sport il Titolo XIV ed espressamente stabilisce che la valutazione della idoneità alla pratica sportiva deve essere “finalizzata esclusivamente alla tutela della salute e dell’integrità psico-fisica del soggetto”. Si è quindi avvertita la necessità di introdurre un dovere rafforzato per il medico sportivo, rispetto al generale dovere imposto ai medici di tutelare la vita e la salute psico-fisica dei pazienti, chiarendone l’esclusività di funzione. Potremmo dire che il medico dello sport, ancora di più di altre categorie, ha un dovere specifico: quello di verificare criticamente le informazioni fornite dagli stessi atleti o dai loro allenatori, al fine di poter individuare l’eventuale dissimulazione da parte dell’atleta dell’esistenza di condizioni di rischio per la propria salute.

Dunque è compito del Medico Sportivo riuscire a diagnosticare anche la dissimulazione dell’atleta ed ad accertare le sue effettive condizioni; simulazione che non sempre è volontaria, ossia determinata dalla volontà dell’atleta di celare eventuali stati soggettivi che possano influire sulla diagnosi e dunque impedire lo svolgimento della competizione, ma anche involontaria, e quindi causata dall’innalzamento della soglia del dolore e della fatica, frequente in un fisico addestrato alla gara ed agli sforzi.

Il perimetro dei doveri del medico sportivo è dunque molto ampio e necessariamente variabile a seconda delle concrete circostanze e a seconda del singolo paziente. A questi compiti già complessi si è aggiunto oggi un ruolo altrettanto importante: partecipare, mediante strumenti diagnostici, organizzativi e di supervisione, alla lotta alla diffusione della pandemia. Anche i medici sportivi sono stati chiamati a mettere al servizio della collettività le loro competenze e professionalità, affinché lo sport possa ripartire effettivamente in tutta sicurezza.