Essere più armati non significa essere più sicuri

Come il coltellino dell’esercito svizzero, il popolare fucile AR-15 è una combinazione perfetta di arma per la difesa domestica e strumento per la difesa della patria. Adatto per la casa come per la battaglia“, con questa motivazione un giudice della California ha cancellato il divieto in vigore dal 1989 alle armi d’assalto, affermando che violerebbe il diritto della Costituzione americana di possedere armi, ovvero il famoso secondo emendamento della “carta”.

La sentenza è stata pronunciata da giudice distrettuale di San Diego, Roger Benitez, nominato da George W Bush, e arriva mentre l’amministrazione Biden porta avanti sforzi per aumentare il controllo sulle armi per frenare le violenze e le stragi di massa. Lo Stato ora avrà 30 giorni per ricorrere contro l’ingiunzione permanente del giudice.

La decisione provoca sdegno e preoccupazione in buona parte dell’opinione pubblica Occidentale ma in realtà fotografa un pezzo importante del sentire del popolo americano, che, dall’altra parte, ha sempre avuto una cultura delle armi molto radicata. Si stima infatti che negli Stati Uniti, oltre 8 milioni di persone posseggano un AR-15, fucile semiautomatico oggetto della sentenza e derivato dall’M16 utilizzato dall’esercito americano e in alcuni stati Usa dalla polizia. Si tratta di un’arma potente e precisa, utilizzata nelle stragi più sanguinose degli ultimi anni, nei più disparati luoghi di aggregazione, dalle scuole ai cinema, dai concerti alle discoteche, passando i centri commerciali.

I fatti dimostrano che essere più armati non significa essere più sicuri e che il possesso di un’arma spesso finisce anche per equivalere, inevitabilmente, al suo utilizzo. Gli Stati Uniti sono la nazione con il possesso delle comuni armi da fuoco più alto a livello mondiale. Con 88,8 armi convenzionali per 100 abitanti rappresentano il Paese più armato, numeri che sono quasi il doppio della Svizzera, che in Europa è quella con la percentuale maggiore. Non è un caso quindi che negli Usa il numero di sparatorie di massa con morti e feriti è decisamente alto. Solo nel 2018 le stragi con armi da fuoco hanno provocato 212 feriti e 54 morti. Sempre nel 2018 gli incidenti o gli omicidi dovuti alle armi da fuoco sono stati 33.635 ed hanno provocato 8.435 morti, tra cui 400 bambini e più di 1.600 minorenni.

L’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) nel 2015 ha calcolato il rapporto fra il tasso di mortalità dovuto ad armi da fuoco e l’Indice Socio-demografico (SDI). Da esso emerge che – classificando i Paesi in base al PIL totale nel 2015 – le morti dovute ad armi da fuoco negli Stati Uniti sono dieci volte maggiori che nei quattro paesi successivi messi insieme, ovvero Cina, Giappone, Germania e Gran Bretagna. In altre parole, tra i paesi più ricchi e sviluppati, gli Stati Uniti sono quello dove è più probabile essere uccisi da un colpo di arma da fuoco.

Secondo gli studi, gli autori delle stragi sono mossi da diverse motivazioni: malattia mentale, desiderio di vendicarsi o di fama e notorietà, emulazione, frustrazioni personali per insuccessi a scuola o sul lavoro…ragioni che suggeriscono anche un contesto in cui non ha funzionato alcun tipo di ammortizzatore sociale – famiglia, amicizie, scuola, presidi socio-sanitari – e in cui impera l’individualismo più sfrenato. Di fatto è quasi sempre una persona sola e sociopatica a premere il grilletto che provoca le stragi. Questi sono i fattori su cui bisognerebbe concentrarsi per disinnescare la rabbia dei potenziali stragisti, piuttosto che militarizzare luoghi pubblici e privati offrendo a tutti la possibilità di imbracciare un fucile d’assalto.

Dopo tutto, si può affermare con sicurezza che la corsa alla difesa personale e al possesso di un’arma produce l’effetto opposto a quello desiderato: società più violente e insicure, in cui l’uso delle armi esce fuori da qualsiasi controllo delle autorità. Questo non toglie il fatto che il diritto alla sicurezza debba essere assicurato dalle autorità pubbliche e che è una delle condizioni indispensabili per la convivenza civile, da cui discendono molti altri diritti. Ma è innegabile che l’uso legittimo della forza debba essere di monopolio esclusivamente statale.