Le elezioni dovrebbero essere viste come un’occasione per migliorare il Parlamento

La qualità del Parlamento farà la differenza e potrà aiutare il Paese a rilanciare economia, lavoro e a ridurre le diseguaglianze sempre più pesanti. Il Parlamento è il punto più alto delle nostre Istituzioni perché espressione diretta del voto popolare, ecco perché dovrebbe esprimere le persone più competenti e impegnate a cambiare le cose che non vanno e esprimere Governi alla altezza dei problemi. Purtroppo invece la competenza, la esperienza amministrativa non sono i criteri che prevalgono nelle scelte dei partiti. Così la qualità legislativa del Parlamento è progressivamente caduta ed è stata sostituita dai Decreti governativi.

La bassa crescita economica, l’aumento delle diseguaglianze sociali, i ritardi nelle riforme necessarie per rendere il nostro Paese più competitivo dipendono anche dalla diminuita qualità o competenza degli eletti.

Se i parlamentari che vengono ricandidati fossero scelti sulla base dei risultati del loro impegno nella legislatura che sta finendo probabilmente molti starebbero a casa e se i candidati della società civile fossero scelti sulla base del lavoro svolto appunto nella società civile per il bene comune, probabilmente le elezioni non verrebbero viste come un problema ma bensì come la occasione per migliorare l’organismo più importante della nostra Democrazia.

Il boom economico che riuscì a risollevare un Paese povero, sconfitto e distrutto dai bombardamenti e a portarlo ad essere la quinta economia mondiale con un buon tenore di vita fu il prodotto anche della maggior qualità di Parlamenti e Governi.

Negli ultimi venticinque anni la distanza tra la metà del Paese che sta bene e la metà del Paese che sta male è cresciuta notevolmente e il disagio sociale è arrivato a livelli pesanti. 

L’augurio è che le persone scelte dai partiti per formare il prossimo Parlamento e il prossimo Governo sappiano, attraverso l’impegno delle persone di buona volontà e di qualità, ridare una speranza e un futuro alla metà del Paese che oggi fa fatica, dalle periferie dimenticate ai senza lavoro o ai sottooccupati.