Ecco perché quello in Canada è il viaggio più difficile per Francesco

Quello che sta cominciando in queste ore è il viaggio più difficile che durante il suo pontificato Francesco ha deciso di affrontare. Le sue condizioni di salute non sono valse a farlo rinviare. Francesco va in Canada, deve farlo. E lo fa. Per capire perché debba, occorre partire da allora, da quando si seppe di quella scoperta raccapricciante. Così scrisse, il 29 maggio 2021, il quotidiano il Giorno: “Una fossa comune con i resti di 215 bambini è stata trovata accanto ad una scuola residenziale cattolica per indigeni nella British Columbia, in Canada.

Dal 1863 al 1998, ricorda la Bbc, oltre 150mila bambini indigeni vennero separati dalle famiglie e trasferiti in queste scuole gestite dalla Chiesa cattolica e nate per assimilare i nativi. Ai bambini veniva spesso vietato di parlare la loro lingua e vennero non di rado maltrattati e abusati. Una commissione nata nel 2008 ha accertato che molti non tornarono mai a casa, lo stesso anno il governo canadese ha chiesto scusa per il passato, il rapporto Truth e Reconciliation (verità e riconciliazione) nel 2015 ha parlato di genocidio culturale”. Per questo è il viaggio più difficile. Quei bambini, come tanti altri, sono morti senza documenti. Per un ex alunno che frequentò quell’istituto negli anni ‘60, Harvey McLeod, “a volte le persone non tornavano, eravamo felici per loro, pensavamo che scappassero. Poi si è iniziato a dire che potevano essere morti”.

Per il papa del sinodo sull’Amazzonia, del Documento sulla fratellanza, dell’enciclica Fratelli tutti, l’assimilazionismo non può essere solo una colpa, è molto di più. E non si tratta di un qualcosa che riguarda il passato. Credo opportuno, anzi, indispensabile, ricordare che già all’inizio dell’esortazione apostolica Querida Amozonia, Francesco ha scritto: “Sogno un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa. Sogno un’Amazzonia che difenda la ricchezza culturale che la distingue, dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana. Sogno un’Amazzonia che custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste. Sogno comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici”.

Non è solo la condanna dell’assimilazionismo, è molto di più: è il vero pluralismo, che riconosce che Dio è presente nella spiritualità di quei popoli, da sempre. E quei volti rappresentano l’altro nel modo più forte ed evidente. Quando gli fu rimproverato di aver ricevuto degli uomini pennuti, proprio ai tempi del sinodo amazzonico, Francesco, dopo aver detto che quelle parole lo avevano molto rattristato, soggiunse: “che differenza c’è tra avere piume in testa e il tricorno che usano alcuni ufficiali in Vaticano?”

Traducendo in modo ampio è quanto ha detto il cardinale Claudio Hummes a La Civiltà Cattolica alla vigilia del sinodo sull’Amazzonia: “Di fatto, nella storia dei popoli indigeni ci sono già molte tracce di Dio. Dio, come già dicevo, è sempre stato presente nella loro storia. Dalla loro identità, dalla loro storia, dalla loro cultura essi possono trarre quei segni chiari della presenza di Dio. Quei popoli millenari vengono da una radice diversa rispetto a quella europea, da un altro ceppo storico, come pure gli africani, i popoli dell’India, i cinesi. Pertanto, all’interno della loro storia, della loro identità, della loro spiritualità, a partire dalla loro relazione con la trascendenza, dobbiamo generare una Chiesa dal volto indigeno”.

E questo non può valere in Amazonia ma non in Canada. Infatti Francesco, ricevendo rappresentanti dei popoli indigeni canadesi in Vaticano, ha detto: “Provo vergogna, dolore e vergogna per il ruolo che diversi cattolici, in particolare con responsabilità educative, hanno avuto in tutto quello che vi ha ferito, negli abusi e nella mancanza di rispetto verso la vostra identità, la vostra cultura e persino i vostri valori spirituali. Tutto ciò è contrario al Vangelo di Gesù. Per la deplorevole condotta di quei membri della Chiesa cattolica chiedo perdono a Dio e vorrei dirvi, di tutto cuore: sono molto addolorato. E mi unisco ai Fratelli Vescovi canadesi nel chiedervi scusa. È evidente che non si possono trasmettere i contenuti della fede in una modalità estranea alla fede stessa: Gesù ci ha insegnato ad accogliere, amare, servire e non giudicare; è terribile quando, proprio in nome della fede, si rende una contro-testimonianza al Vangelo. La vostra vicenda amplifica in me quelle domande, molto attuali, che il Creatore rivolge all’umanità all’inizio della Bibbia. Dapprima, dopo la colpa commessa, chiede all’uomo: «Dove sei?» (Gen 3,9). Poco dopo, gli pone un altro interrogativo, che non si può scollegare al precedente: «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9). Dove sei, dov’è tuo fratello? Sono domande da ripeterci sempre, sono gli interrogativi essenziali della coscienza perché non ci scordiamo di essere su questa Terra come custodi della sacralità della vita e dunque custodi dei fratelli, di ogni popolo fratello”.

Fu in quell’occasione che Francesco promise il viaggio che oggi intraprende: “Carissimi, sono stato arricchito dalle vostre parole e ancora di più dalla vostra testimonianza. Avete portato qua a Roma il senso vivo delle vostre comunità. Sarò felice di beneficiare ancora dell’incontro con voi, visitando i vostri territori natii, dove vivono le vostre famiglie. Non verrò in inverno, da voi! Vi do allora l’arrivederci in Canada, dove potrò meglio esprimervi la mia vicinanza”. Francesco va allora a ricordare anche ai cattolici canadesi e a dire ai popoli indigeni del Canada quanto è scritto nel Documento sulla fratellanza umana che ha firmato ad Abu Dhabi nel 12019: “La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”.