Non si guarisce dalla droga con la droga

Droga

Da 25 anni, ogni 26 dicembre la Comunità di don Benzi celebra la “Festa del Riconoscimento”. Una speciale liturgia per celebrare, nel giorno di Santo Stefano, la rinascita dei tanti ragazzi che hanno concluso il programma terapeutico e sconfitto la droga. Quest’anno, vista l’impossibilità di spostarsi – i ragazzi provengono da tutta Italia – l’evento è stato rimandato. Il cammino di recupero nella Comunità Papa Giovanni XXIII mira a valorizzare pienamente la persona che è da subito inserita in un contesto relazionale: una comunità di piccole dimensioni.

Il percorso dura in media tre anni ed è costituito da tre fasi: l’accoglienza, la comunità, il rientro. Al termine dell’ultima fase, quella del “rientro” alla vita sociale, la persona riceve il “riconoscimento”. E’ il punto di partenza di una nuova vita, una rinascita non solo per loro ma per le famiglie e per tutta la Comunità. Don Oreste Benzi volle dare così a tutti i genitori l’opportunità di unirsi alle parole del padre misericordioso nella famosa parabola evangelica: «Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

I difficili tempi che stiamo vivendo non aiutano il contrasto alle dipendenze. Droga, alcol, cibo assunto in modo compulsivo, gioco d’azzardo patologico sono esplosi durante il lockdown. Le limitazioni agli spostamenti, le chiusure di sale slot, i problemi lavorativi ed economici hanno peggiorato le condizioni di persone già dipendenti dal gioco o dalla droga. Inoltre si è avuto un incremento esponenziale del consumo di alcol. Le limitazioni imposte dalla pandemia sono fonte di stress per tutti, ma ne subiscono maggiormente le conseguenze le persone più fragili e sole.

Le Nazioni Unite, lo scorso 2 dicembre, con 27 voti contro 25 hanno stabilito che certi derivati della cannabis hanno un’utilità terapeutica, pertanto l’hanno tolta dalla categoria delle droghe pericolose. Una decisione che ha suscitato polemiche. In realtà già si sapeva di queste capacità terapeutiche, sebbene siano ancora scarse, al contrario di altri farmaci che sono più attivi ed efficaci. Ma il problema è un altro: è quello culturale. E’ la percezione da parte delle persone, e dei giovani in particolare, che la cannabis non fa male. Come si è già tentato con la diffusione dei negozi di cannabis light.

Un business nato negli ultimi anni sfruttando l’ambiguità di una legge. Un palese tentativo di legalizzare totalmente la cannabis, giocando sull’uso del termine “light”, leggero. Il rischio è che ora questa nuova decisione dell’ONU potrebbe avere un impatto decisivo sulla depenalizzazione dei cosiddetti “spinelli”. Una porta pericolosa per i nostri giovani, che se aperta, potrebbe portarli verso l’inferno delle dipendenze.

In una delle ultime Relazione del Governo sulle Tossicodipendenze emerge come “oltre un quarto degli studenti delle scuole superiori ha fatto uso di cannabis, mentre un terzo degli studenti minorenni ha provato sostanze psicoattive”. Don Oreste Benzi, diceva: “I danni delle droghe sono anzitutto sulla persona. Chi fa uso di queste sostanze cessa di crescere nella sua personalità. Smette di affrontare la vita. Fugge di fronte ad ogni difficoltà, rifugiandosi nel “paradiso” artificiale. Spegne i suoi sentimenti. Infiacchisce la sua volontà. S’incapsula in sé stesso.

Infine, diventa incapace di mettersi in relazione. I danni fisici, quindi, sono ben poca cosa a questi danni morali! Non si guarisce dalla droga con la droga! La droga piace: chi la consuma non smette se gli viene permesso acquistarla. Legalizzare le droghe è uccidere i giovani, specialmente quelli più fragili, quelli che sarebbero più ricchi spiritualmente. Invece i giovani che fanno uso di droga cercano la vita! Ripeto. I giovani che fanno uso di droga cercano la vita!”