Perché diciamo no alla dittatura del pensiero unico

“Il giornalismo italiano è libero perché serve soltanto una causa ed un regime: è libero perché nell’ambito delle leggi del regime può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica e di propulsione”. 10 ottobre 1928, discorso di Benito Mussolini ai giornalisti. Inizia così la stagione della censura fascista, con la repressione delle libertà di pensiero, opinione e associazione che culminerà nelle tragiche “leggi razziali” del 1938. Forti di questa dolorosa esperienza, dovremmo avere ben chiaro che ogni forma di dittatura, culturale e politica, ha sempre avuto e avrà sempre un grande nemico: la libertà di pensiero e di opinione.

Chi esce dal coro, chi non si allinea ai canoni del pensiero unico, chi pervicacemente crede che la verità non può essere manipolata a piacimento e che ci sono valori e principi fondanti l’umano, che rendono una società “civile”, oggi viene emarginato e ghettizzato dai “salotti” del potere culturale e mediatico, e domani potranno scattare le manette. Già, perché il pensiero unico tollera solo servi e schiavi della “verità” unica che esso stesso produce.

Certamente sono tinte fosche, per nulla rassicuranti, che da tempo colorano l’orizzonte del nostro vivere quotidiano, ma che a parer mio stanno presentando una pericolosa accelerazione: stiamo passando dalla dittatura del relativismo – certamente dannosa, ma che garantiva, anzi pretendeva, spazi di libertà alle opinioni del singolo – al totalitarismo del pensiero che non ammette repliche, non disdegnando di blindare il proprio potere ricorrendo al codice penale. Lo stiamo vivendo in questi giorni, con la vicenda del ddl Zan sulla cosiddetta “omotransfobia”: dietro la maschera dell’alto valore di etica pubblica rappresentato dal contrasto ad ogni forma di discriminazione, ci sta la realtà di voler vietare ogni libertà di opinione e di manifestazione del pensiero su temi di enorme portata culturale, sociale, morale e religiosa quali l’affettività, la sessualità, la famiglia e l’educazione delle nuove generazioni.

E’ ben assurdo che in questo nostro tempo contrassegnato dal trionfo del libero arbitrio e della autodeterminazione senza limiti, si cerchi di imporre una visione della vita relazionale, opponendosi alla quale devono scattare le manette e la rieducazione “mentale”! Non passa giorno in cui non si senta dire che viviamo in un mondo globale, multietnico, multiculturale, multireligioso, in cui la tolleranza reciproca è regola indispensabile, e poi ci troviamo ad essere etichettati come “fascisti, seminatori d’odio, violenti discriminatori” – passibili di carcerazione – se in una pubblica piazza, in una scuola, in un convegno o dibattito si sostiene che l’adozione omogenitoriale è un’assurdità, l’utero in affitto è un incivile abominio, la natura ci offre due sessi e due generi e l’ideologia gender è “uno sbaglio della mente umana” (Papa Francesco), la famiglia naturale è una sola, con mamma, papà e figli.

Chi rivendica la libertà di pensare ed agire in modo esattamente opposto, non può imbavagliare a suon di codice penale chi non condivide, perché questo è il “sugo” della democrazia. Nel ddl Zan questa è la posta in gioco: il futuro del pensiero libero. La narrazione dominante ci parla di “emergenza omofobica”, che esige una “legge speciale” per arginare queste vergognose condotte. Domandiamoci: ci sono individui spregevoli che offendono, picchiano, diffamano persone omosessuali? Certamente sì. Ci sono leggi che puniscono i colpevoli di questi reati e tutelano i cittadini italiani, omosessuali o eterosessuali che siano? Certamente sì. Ci sono già stati casi di condanna per le condotte delittuose sopra descritte? Certamente sì.

L’ordinamento della Repubblica Italiana, a partire dalla Costituzione, si è dotata di tutti gli strumenti giuridici necessari a garantire la dignità di ogni persona, la difesa da ogni possibile violazione dei suoi diritti e la condanna degli autori di azioni delittuose. Ecco perché questa legge – anche a prescindere dalla evidente deriva antidemocratica e liberticida – è inutile. Anzi dannosa, perché – proponendosi come antidiscriminatoria – in realtà crea una nuova discriminazione, quella dei cittadini italiani che non essendo persone omosessuali non godranno delle stesse super-garanzie riservate a queste.

Nel ’68 uno slogan molto diffuso recitava “la fantasia al potere”; parafrasando, oggi viviamo tempi di “assurdità al potere”! La prova? Chi è omofobo deve essere rieducato prestando lavoro gratuito presso associazioni LGBTQ+ con l’aggiunta che gli verranno ritirati patente e passaporto! Sarà un caso, ma è proprio quanto fece il KGB con Alexander Solgenitsin quando vinse il premio Nobel. Si realizza la previsione di un “profeta” di sinistra e omosessuale, Pierpaolo Pasolini: “Il nuovo potere utilizzerà le vostre parole libertarie per creare una nuova inquisizione, un nuovo conformismo, e i suoi chierici saranno chierici di sinistra”.

“#restiamoliberi è la parola d’ordine che sta riempiendo le piazze di tutt’Italia: gli italiani sanno molto bene quanto sangue e lacrime è costato ai propri padri e nonni riconquistare la libertà di pensiero e di associazione. Non penso di chiedere la luna nel pozzo se pretendo di essere libero di dire che vedere due persone dello stesso sesso che si baciano in pubblico “non MI piace” ed insegno a non farlo, a chi mi vuole ascoltare. Discorso d’odio? Per i fautori di questo assurdo ddl, certamente sì. E non pensate che non ci sarà qualche giudice, in qualche tribunale, zelante sostenitore di teorie genderiste, che non brinderà a questa grande occasione di condannare un omofobo? La dittatura dell’assurdo si impone attraverso leggi persecutorie, e si legittima attraverso campagne di menzogna: dai cristiani incendiari di Roma, agli ebrei predatori del mondo; dalla superiorità degli ariani, all’omotransfobia. #RESTIAMOLIBERI