Diritti dell'Infanzia: una responsabilità comune

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Oggi in tutto il mondo si celebra la Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ricordando quel lontano 20 novembre 1989 in cui l’Onu stilò la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, che fece seguito alla Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo del 1959. E’ del tutto evidente che è impossibile esaurire in poche righe un argomento tanto grande, complesso e delicato come quello dei diritti speciali che garantiscono la difesa dei bambini, ma qualche considerazione, pur sintetica, è doverosa. Comincerei facendo notare che sei giorni fa si è chiuso a Nairobi un grande summit voluto dall’Onu per celebrare il 25° anniversario della Conferenza del Cairo (1994) in cui si dettarono i fondamentali in tema di “salute e diritti sessuali riproduttivi”. Sappiamo tutti molto bene che quella conferenza coniugò il concetto di “salute riproduttiva” con il concetto “controllo delle nascite”, da cui derivarono appelli – e in alcuni casi, veri ricatti socio/economici, come denunciato più volte da Papa Francesco – alla diffusione della contraccezione e dell’aborto. Proseguendo nella diffusione del vergognoso slogan neo-malthusiano –  falso e palesemente smentito dalla storia – “siamo in troppi e dobbiamo controllare le nascite, altrimenti moriremo tutti di fame”, che aprì la porta perfino alla sterilizzazione forzata di intere popolazione del terzo mondo, anche l’ assise di Nairobi si è conclusa con un forte diktat a favore dei cosiddetti “diritti riproduttivi”, ignorando in modo assoluto sia l’appello dei vescovi africani, sia il rifiuto della Santa Sede a partecipare.

Le parole del vescovo keniano Alfred Rotich, non lasciano dubbi: “Parteciperanno circa diecimila persone e sappiamo che cosa vengono a fare qui. Non sono a favore della vita, sono diecimila abortisti. Vengono qui per sostenere una politica sbagliata”. Sullo sfondo, le parole del Santo Padre all’Onu nel 2015: “I pilastri dello sviluppo umano integrale hanno un fondamento comune, che è il diritto alla vita e il diritto all’esistenza della stessa natura umana”. Dunque, il 20 novembre deve essere la giornata del diritto alla vita, fin dal concepimento, e poi, nel prosieguo della vita, del diritto alla protezione dell’innocenza dei bimbi. Gravissimo ed esecrabile è il fatto dei “baby-soldati”, ma non meno grave è lo sfruttamento dell’infanzia per pornografia e perversioni sessuali. E altrettanto non meno gravi sono progetti di “colonizzazione ideologica” che stanno inquinando l’educazione all’affettività e alla sessualità: bambine e bambini ipersessualizzati, spesso all’oscuro dei genitori, educati a “confondere” la propria identità sessuata con tipologie di “genere” il cui elenco sembra non finire mai. Sarebbe utile ritornare a quel 1959, anno in cui si scrisse la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo che, nel Preambolo, afferma: “Considerato che il fanciullo, a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali compresa un’adeguata protezione giuridica, sia prima che dopo la nascita; considerato che l’umanità ha il dovere di dare al fanciullo il meglio di sé stessa…”. Ed è fuori di dubbio che tutto ciò, primariamente, significa diritto alla vita, diritto ad avere un papà ed una mamma, ad essere rispettato nella sua propria innocenza e salute del corpo e dello spirito. Purtroppo, dobbiamo tutti insieme riconoscere che – al di là di facili e banali slogan buonistici e sentimentaloidi – siamo una società che porta una pesante “macina al collo”: quella di cui parla il Vangelo per “chi darà scandalo anche ad uno solo di questi piccoli, perché sono miei”. Senza mai dimenticare che “il male vince ogni volta che i buoni smettono di combattere”. Dunque – con l’aiuto di Dio – buona battaglia a tutti.