Dietro le quinte dell'intesa Fca-Psa

Dopo cinque mesi dalla chiusura del dossier Renault ecco che FCA torna alla ribalta con l’annuncio di una fusione, teoricamente alla pari, con PSA. È evidente che l’obiettivo dell’azienda sia quello di ottenere un rafforzamento sul mercato per poter competere al meglio con i grandi del settore, infatti un’operazione del genere porterebbe alla creazione del quarto gruppo mondiale per vendite e l’accesso a economie di scala assai importanti che permetterebbero non solo di migliorare la produttività interna ma anche la redditività di entrambe le aziende. Si dice “teoricamente” alla pari, però, perché sembrerebbe che nel post fusione la maggior parte dei posti in CdA sarebbero occupati dai transalpini con Carlos Tavares, presidente e amministratore delegato di PSA, alla guida del nuovo gruppo mentre gli esponenti della famiglia Agnelli, a capo di Exor che controlla FCA, in minoranza; questo fa sorgere, in effetti alcuni dubbi nulla tenuta occupazionale negli stabilimenti italiani, tanto che alcuni commentatori si sbilanciano parlando di “vendita di FIAT ai francesi”. Ma è veramente così?

Innanzitutto guadiamo i numeri, FCA, oggi, vale in euro circa 28.5bln mentre PSA 21.9bln (valori di capitalizzazione di mercato) e anche sui fatturati il gruppo italolandese si pone in una posizione di vantaggio con oltre 110bln di introiti contro i 74bln dei francesi. La redditività di FCA è del 3.3% circa con un EPS di 2.15 contro il 3.8% con EPS pari a 3.01 di PSA. Cosa significa questo? Semplicemente che il gruppo francese, pur vendendo poco più della metà di FCA per introiti mostra una struttura più efficiente e produttiva, cosa che in un’eventuale fusione potrebbe permettere anche a FCA di accedere a economie di scala e modelli di lavoro più redditizi, con un miglioramento della performance generale.

Un altro parametro importante da considerare è l’indebitamento che in FCA è pari a quasi 3 volte il patrimonio netto mentre in PSA è leggermente inferiore e pari a circa 2.8 volte lo stesso parametro. È evidente, quindi, che l’ipotesi di una fusione alla pari sia quanto meno realistica, in quanto i parametri finanziari delle due società sono globalmente in linea, quello che cambia è l’offerta commerciale, poiché il grosso delle attività di FCA proviene dal mercato americano e dai marchi correlati (Jeep, Dodge, Ram…) mentre in Europa stenta a mantenere un mercato soprattutto per via del marchio storico FIAT e nonostante il recente rilancio di Alfa Romeo, come marchio premium, e di Maserati nel comparto luxury. Al contrario PSA è forte in Europa nei segmenti più bassi con Peugeot (che in ottica futura potrebbe essere rilanciata come premium), Citroen e Opel/Vauxhall mentre DS fatica ad affermarsi, anche per la minor qualità rispetto ai diretti concorrenti. In più i francesi sono già a uno stadio avanzato nello sviluppo del comparto EV che, però, nel medio termine resterà un segmento di bandiera più che una vera e propria killer application nell’offerta commerciale ma che permetterà a FCA di ottenere quelle “quote verdi” che necessiterebbe a compensazione del ritardo nello sviluppo di modelli ibridi e elettrici senza doverle acquistare da Tesla. 

Il gruppo nascente, quindi, oltre a economie di scala estremamente importanti che andrebbero a crearsi nell’integrazione delle due catene produttive porterà alla creazione di una holding che potrà coprire tutti i segmenti di mercato con i marchi Fiat, Alfa Romeo, Lancia (se mai volessero rilanciarlo oltre alla Y), Jeep, Ram, Dodge, Maserati, Peugeot, Citroen, DS e Opel/Vauxhall con un forte radicamento nei principali mercati mondiali come Europa e Americhe, pronta, anche grazie alla joint venture esistente tra Peugeot e Dongfeng Motor Group, allo sbarco in Asia e, soprattutto, in Cina.

Inoltre a capo della nuova società sarà posto un manager di provato valore come Tavares, cosa che è già stata salutata come positiva sia dagli analisti finanziari, come Equita, sia dalle agenzie di rating come DBRS e S&P. Restano sospesi il nodo del giudizio dell’antitrust europeo, il commissario uscente Margrethe Vestager ha confermato di non avere ancora il “fascicolo sul tavolo”, anche per via della produzione di propulsori, sia la questione occupazionale, soprattutto in Italia, dove l’azienda assicura che non vi saranno contraccolpi (anche per via dei modelli qui prodotti) nonostante gli oltre 400'000 dipendenti che l’ipotetica FCA/PSA andrà a contare inizialmente.

Sulla carta, quindi, l’operazione sarebbe vincente su tutti i fronti, porterebbe al rafforzamento di entrambi i gruppi protagonisti dell’annunciata fusione e a un miglioramento dell’offerta commerciale in ogni mercato mondiale. Solo il futuro, prossimo ormai, però potrà dirci quale sarà la vera evoluzione dell’operazione in corso e se andrà a compimento o la partecipazione dello stato francese in PSA (con il 14.1% delle azioni) sarà nuovamente d’ostacolo come per la ventilata fusione tra FCA e Renault nei mesi passati.