Da eroi a passibili di denuncia: la fase 3 degli operatori sanitari

operatori sanitari

Lunedì 18 Maggio è cessato il Lockdown per la pandemia da Coronavirus  e il 3 Giugno è iniziata la fase tre, con la riapertura degli spostamenti tra Regioni; pian piano ci si avvia, pur mantenendo alto il livello di attenzione, ad uscire da un incubo pandemico che ha colpito il mondo intero e fortemente il nostro Paese. E ora è tempo di bilanci su ciò che si poteva fare meglio o non è stato fatto, ma certamente con la speranza di una ripresa economica che, se tarderà a venire, nondimeno porterà ad un prezzo altissimo da pagare in termini di disoccupazione, povertà e disperazione.

I dati epidemiologici ci dicono che dall’inizio della pandemia nel nostro Paese i casi registrati di malati da Covid-19 sono circa 234.000. Se è vero come afferma Ungaretti che “i morti non fanno più rumore del crescere dell’erba”, non si può non rilevare il rumore assordante che al contrario hanno fatto i 25.500 incolpevoli Operatori Sanitari infetti da Coronavirus che hanno pagato un prezzo altissimo in termini di mortalità con 167 decessi registrati tra i medici e circa 40 tra gli infermieri.

A voltarsi indietro rimangono impressi i ricordi tristi, talvolta drammatici, come le centinaia di bare strappate al saluto dei familiari, portate via da camion militari e le migliaia di salme che non hanno potuto fruire dell’ultimo saluto dei congiunti nonché dell’estremo conforto religioso. In tutto questo malinconico contesto è doveroso qui ricordare l’opera mirabile del personale sanitario in genere e dei medici in particolare.

Questi testimoni del nostro tempo sono andati oltre la propria professione che è quella di curare ma, dato l’isolamento dei degenti, sono stati anche sostitutivi di figure familiari permettendo, quando possibile, una vicinanza tra congiunti pur se virtuale, attraverso dispositivi tecnologici di comunicazione. In alcuni ospedali sono stati supplenti anche delle figure sacerdotali a cui ovviamente è stato impedito l’accesso nei reparti Covid, occupandosi quindi oltreché della salute del corpo anche di quella spirituale dei degenti, somministrando l’Eucarestia a chi ne ha espresso richiesta.

In carenza di adeguati dispositivi di protezione, temprati si alla fatica insita nella professione ma sottoposti a turni di lavoro massacranti, incuranti di se stessi nonché dei loro obblighi nei riguardi delle famiglie e dei figli, spesso additati dalla comunità ad untori, osannati dapprima come eroi e già oggi passibili di denunce, hanno pagato anche con la propria vita, onorando ancor più la professione di Ippocratica memoria.

Chiamati in alcuni casi finanche a dover scegliere a chi dare la precedenza in terapia intensiva creando terribili e conflittuali decisioni etiche, hanno affrontato questa sfida col timore costante del contagio, spesso chiamati ad operare in discipline diverse dalla propria, anche con l’ausilio di neolaureati e specializzandi in formazione messi in prima linea a dover fronteggiare situazioni cliniche che avrebbero richiesto maggior esperienza o ancora con pensionati che come i veterani di guerra si sono ributtati nella mischia contribuendo a vincere questa battaglia in attesa  della vittoria definitiva.

Purtroppo però il prezzo da pagare da parte di questi Angeli custodi è e sarà ancora alto perché per molti di loro le ferite psicologiche riportate nell’affrontare questa emergenza, ne hanno condizionato, da qui ai prossimi mesi, l’esistenza. Uno studio effettuato in Cina su 1257 operatori sanitari coinvolti nel fronteggiare l’emergenza Covid -19 ha rilevato infatti la comparsa di sintomi associabili a stress post traumatico suscettibili di terapia di supporto o di terapia psicologica.

Il timore costante di ammalarsi o di trasmettere la malattia ai propri familiari, ancor più se in presenza di figli piccoli, hanno condotto infatti ad un vero e proprio autoisolamento con la conseguente inevitabile mancanza di sostegno familiare. La fatica fisica poi legata all’utilizzo dei dispositivi di sicurezza, ricordiamo tutti quei volti affaticati e segnati da mascherine, così come l’angoscia per la perdita di colleghi e pazienti unita talvolta ad un senso di inadeguatezza e ancora l’esigenza spesso di fornire un maggior supporto emotivo ai pazienti in isolamento, hanno fatto si che purtroppo in molti casi si è arrivati ad una vera e propria sindrome ansioso depressiva che in quanto tale, necessita di adeguata terapia psicologica.

Tutte queste ragioni hanno e avranno ripercussioni anche pesanti sulla salute mentale di molti Sanitari che dovranno misurarsi, da qui ad un prossimo futuro, con sintomi depressivi legati allo stress quali: ansia, insonnia, disturbi del ritmo sonno-veglia, problemi digestivi, tensione muscolare, sbalzi d’umore, irritabilità, fino ad arrivare in alcuni casi ad una vera Sindrome di Burnout con alterazioni di tipo relazionali che necessitano pertanto di psicoterapia cognitivo comportamentale.

A margine di questa terribile pandemia, rimangono impresse e consolatorie le parole di Papa Francesco: “Sono morti come soldati al fronte”, “Hanno dato la vita per amore curando gli ammalati, resistenti come Maria sotto le croci”.