Covid-19, la responsabilità dell’informazione contro le fake news

Sono ben 70 le fake news individuate e smentite dal Ministero della Salute sul Covid- 19, ma probabilmente le bufale circolate sulla pandemia sono molto più numerose.

In questo periodo così drammatico per la nostra nazione e per l’intera popolazione mondiale, ha assunto un ruolo fondamentale l’informazione: quella vera, corretta e responsabile. Eppure la circolazione di notizie false sul web, soprattutto sui social network, ha accompagnato l’intero lockdown e, anzi, ha avuto nel lockdown la sua massima crescita.

Fare informazione, divulgare notizie è un compito di grande responsabilità e ne sono stati consapevoli i redattori della Carta Costituzionale che hanno, all’articolo 21, assicurato a “tutti” il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero. La libertà di manifestazione del pensiero, di cui rappresentano corollari la libertà di stampa e di informazione, è considerata una delle pietre angolari della democrazia, una garanzia insopprimibile per tutti gli essere umani in una società libera, democratica e pluralista.

Queste libertà, benché insopprimibili, non sono tuttavia prive di limiti, soprattutto quando collimano con altri diritti, ugualmente fondamentali, della persona.

E’ così che il diritto dei giornalisti di informare e formare l’opinione pubblica è imperniato di doveri: la verità dei fatti esposti, la forma civile della esposizione, l’utilità sociale dell’informazione, ma anche la completezza dell’informazione fornita. La funzione stessa del giornalista consiste nell’informare l’opinione pubblica in ordine a fatti rilevanti, accertando in tutte le direzioni possibili la verità delle notizie. Chi svolge tale delicata funzione di protezione ha l’obbligo di informare l’opinione pubblica su tutte le circostanze rilevanti nei diversi aspetti della vita di cui è a conoscenza: tale compito presuppone la libertà del giornalista, ma impone altresì il dovere di fornire in modo completo e tempestivo tutte le informazioni rilevanti. Attraverso questa funzione si garantisce il diritto dei cittadini ad essere informati: a “sapere”, a ricevere informazioni che gli consentano di esercitare consapevolmente i propri diritti. Tale situazione soggettiva postula, non soltanto la presenza di una informazione libera e plurale, ma anche una più intensa tutela del diritto di cronaca, critica e satira, atteso che tale diritto assolve un interesse pubblico, ossia contribuisce al libero confronto di tutte le idee nei campi che più interessano la vita comune (politica, giustizia, economia, religione, etc.) e favorisce l’effettivo controllo di ogni potere, ad opera di un’opinione pubblica pienamente informata.

Ma la pandemia ci ha costretti a chiedere a chi fa informazione non solo di seguire le regole e di rispettare la legge, ma anche di avere senso di responsabilità, di riuscire nell’arduo compito di bilanciare la completezza dell’informazione con la necessità di non procurare allarma; la verità delle notizie con la pacatezza dei toni. Il compito, per quanto arduo, è stato assecondato dai professionisti dell’informazione (con poche eccezioni che in ogni categoria professionale sono purtroppo presenti), che grazie anche ad organismi di controllo e di indirizzo sono riusciti a superare questa ennesimo banco di prova.

Armi spuntate abbiamo però nei confronti di chi, con colpa o con dolo, esprima la propria libertà di pensiero veicolando fake news, creando notizie false che possono avere effetti anche tragici sulla popolazione. “Bere bevande calde per guarire dal Covid – 19” o peggio “bere disinfettanti per non infettarsi”, possono a chi ha altri mezzi di informazioni sembrare innocenti menzogne ma per altri rappresentare l’unica fonte di notizie. Non si può negare che una fetta, anche consistente, della popolazione assume gran parte delle informazioni, di cronaca, di politica e di sanità pubblica, in via quasi del tutto esclusiva dai social network, che hanno avuto un impatto dirompente sulla società contemporanea. Certo queste menzogne possono integrare alcune fattispecie di reato previste dal nostro codice penale (procurato allarme ex artt. 658 e 656 c.p.; diffamazione, ex art. 595 c.p.; abuso di credulità popolare, ex art. 661 c.p.), ma la scoperta e l’individuazione delle notizie false nell’era digitale non è affatto una banalità. Combattere le fake news, garantendo il rispetto delle libertà fondamentali, richiede un intervento corale di istituzioni, giustizia e aziende del settore per l’individuazione delle migliori soluzioni e soprattutto del più adeguato bilanciamento tra diritti e doveri coinvolti, di questo si parlerà anche all’evento “L’informazione nella società pluralista: il confronto con altri diritti primari” organizzato dall’Università degli Studi della Tuscia, il prossimo 29 maggio.