Cosa aspettarci da Lagarde alla Bce

Due donne, Ursula von der Leyen e Christine Lagarde, sono state nominate ai vertici delle due più importanti istituzioni dell’Unione Europea ed è la prima volta che accade da quando queste esistono. In un’epoca di “quote rosa” e di politicamente corretto si potrebbe anche pensare che la scelta sia stata dettata da ragioni di immagine, per compiacere l’opinione pubblica, mentre invece, tra i possibili candidati alle poltrone, sono state selezionate due personalità di spicco, due professionalità che nulla abbiano da invidiare ai concorrenti e, forse, siano addirittura a un livello più elevato. I curricula di entrambe sono stati già sviscerati più di una volta negli ultimi tempi e, benché la conquista della presidenza della Commissione per la prima non sia affatto scontata contrariamente alla già designata Lagarde per la Bce, è più interessante valutare quali possano essere le conseguenze per l’Italia se entrambe saliranno nei due scranni a cui sono state nominate.

Dal lato della Commissione è credibile che non ci sarà una grande differenza rispetto al passato anche perché il potere decisionale è in mano al Consiglio e non ad essa che, invece, ha la il compito di proporre le norme che saranno votare dal Parlamento, se di competenza, o dal Consiglio e il potere esecutivo per l’attuazione di queste. È molto probabile, invece, una maggiore sobrietà rispetto alla presidenza Juncker e un ritorno agli standard precedenti a cui si era abituati.

Il focus più importante, invece, si apre sulla successione a Mario Draghi alla Bce. Non è un mistero per nessuno che questi sia stato il più grande interprete del ruolo di Governatore della Banca Centrale, ben più dei predecessori Duisenberg e Trichet che, invece, ebbero un’immagine ben più defilata e priva del piglio decisionista dell’italiano. L’azione di Draghi in politica monetaria è stata essenziale per la tenuta, in questi anni, di tutto l’impianto europeo, fin dalla crisi greca e da quella dello spread che cosò l’abdicazione del governo Berlusconi IV, e la sua frase “whatever it takes”, riferita al sostegno alla moneta unica, è divenuta proverbiale.

Salire in carica dopo di lui è sicuramente un compito arduo per chiunque e Christine Lagarde non può aspirare a un mandato semplice ma, almeno valutando l’esperienza del prossimo governatore, questa ha tutte le carte in regola per non sfigurare. Nonostante sia una giurista e non un’economista ha ricoperto incarichi importanti in tre esecutivi in Francia come ministro del commercio estero con de Villepin, dell’agricoltura e dell’economia con Fillon prima di salire al comando del Fondo Monetario Internazionale dopo lo scandalo Strauss-Kahn.

Durante il mandato al Fmi ha dovuto gestire alcune delle principali criticità avvenute in Europa e l’affare Grecia, sicuramente, è quello che più ha caratterizzato il suo mandato. I detrattori, infatti, usano l’immagine dell’azione nel salvataggio dello stato ellenico come monito, infatti l’intero board del Fmi sottovalutò l’impatto delle misure di “austerità” richieste per il prestito ponte e la conseguente caduta del Pil greco che ha portato il paese alla più dura recessione della storia. La verità è che un’esperienza come questa ha mostrato quali siano i rischi nell’adottare delle ricette estreme nella gestione delle crisi e, infatti, nei successivi interventi del Fondo le modalità hanno seguito ben altre linee guida permettendo la risoluzione di situazioni potenzialmente detonanti.

Proprio per queste ragioni, oltre che per la preparazione, Christine Lagarde è la candidata migliore che si potesse trovare per assurgere alla guida della Bce, non certo un falco come l’altro nome papabile del governatore della Bundesbank Jens Weidman ma un personaggio che probabilmente entrerà nel solco dell’azione di Draghi a sostegno dell’economia e dell’intero impianto europeo, indipendentemente dai desideri di questo o quello Stato membro.

Non è un caso che, già oggi, inizino le pressioni sulla governatrice in pectore per chiedere una discontinuità dalla linea finora percorsa dalla Banca Centrale Europea: Annegret Kramp-Karrenbauer, la leader della Cdu che ha preso il posto di Angela Merkel, infatti già lancia i primi moniti per limitare la politica dei tassi nulli, se non sotto zero, nella solita pantomima che questa vada a danneggiare gli interessi della Germania dove, comunque, il tasso di inflazione, benché maggiore rispetto ai paesi periferici dell’area euro, sia ancora ben lontano dal valore obiettivo del 2% e qualche crepa nella corazzata industriale tedesca si cominci a vedere. Sicuramente se al suo posto fosse stato nominato Jens Weidmann si sarebbe assistito a una stretta monetaria, coerente con la sua visione intransigente e fobica di ogni focolaio inflazionistico, ma nella situazione attuale non solo europea ma mondiale una visione meno dogmatica e più pragmatica è sicuramente auspicabile e di qui alla scelta di Christine Lagarde il passo è stato breve, in una soluzione che ha permesso un’ampia convergenza di consenso.

Difficilmente ci saranno strappi e la politica monetari continuerà ad essere gestita in un’ottica pro mercato e non a favore di questo o quello, sempre in ossequio alla mission della Bce di raggiungere un livello di equilibrio stabile nella gestione valutaria, cosa che, nonostante gli anni difficili sotto la guida di Mario Draghi, finora ha sempre fatto al meglio.